domenica 29 dicembre 2013

PAROLE


Se le mie parole fossero occhi
ti si avvolgerebbero attorno
come l’edera
al riparo dal sole
se le mie parole fossero mani
ti accarezzerebbero
come la brezza di primavera
sulle guance dei bimbi
se le mie parole fossero musica
ti accompagnerebbe una danza
con la costanza delle ombre
sui percorsi del sole
se le mie parole fossero pensieri
allora mi vedresti
come non so mostrarmi
se le mie parole fossero preghiera
Dio ci darebbe un nome nuovo
se le mie parole fossero amore
riuscirei a parlarti
come vorrei.

lunedì 23 dicembre 2013

INTERNO 16


Brandelli di musica
tra passi parole e risa
rumori insopportabili
e il suono sordo della strada
ansima l’odio per l’umanità
dalle mie narici
poi nel silenzio di gomma
sputo il gusto insipido
delle amarezze quotidiane.

domenica 15 dicembre 2013

CANTO STRETTO


Il temporale è passato lontano
e già tace la latta
il vibrare dalle gocce
sfuggite alle gronde.
Anche la tua voce lontana
tace da ore dal filo.
Null’altro resta del giorno
che risuoni nell’anima.
E solo l’oggi è.

domenica 8 dicembre 2013

VIAGGIO


Di nuovo fermo
lanciato in corsa meccanica
verso il ventre molle del mare
risucchiato con mille altre mosche
su filari di vento.
E’ un viaggio continuo
verso l’origine
una corsa di solo ritorno
tassata di amore
e di attesa.

domenica 1 dicembre 2013

NOTTE D'ESTATE


Immobile nell’afa estiva
la nausea mi assale,
il tempo s’addensa
in fredda angoscia
e di quest’inutile asma
vorrei liberarmi
appoggiarmi nel nulla
fuggendo da Dio
scordato da voi.

domenica 24 novembre 2013

RIPOSO


Il male vischioso del giorno
assedia la notte
con l’oggi e il domani
il tempo si piega
e piange sulla pelle
l’angoscia della carne.
Tutto è pronto
lo squarcio inevitabile
ma nulla prorompe
nessuna parola perfetta
né un canto d’amore.
Una fredda paralisi
riempie l’attesa del nulla
svuota le forze nell’alba.

domenica 17 novembre 2013

SOGNI


Materia ed energia
si mescolano
nei crogioli siderali
come amore e morte
nel mio cuore.
Un vento secco
corre verso il mare
scuote le insegne
arrugginite
copre di polvere
la polvere
di strade butterate
accarezza indifferente
la mia pelle
il muro
sempre più cadente
della prigione
strumento della vita
dove io sono
e fuggo
dai rintocchi odorosi
di campane lontane
dove si perde la mente
schiava di libertà.

domenica 10 novembre 2013

VERSO LA LIBERTA'


Questo corpo è la mia prigione.
Questo corpo così pesante e così leggero, così fragile e così rigido, così debole e così lento, così piccolo e così ingombrante.
Questo corpo che mi limita in tutti i modi, nello spazio e nel tempo.
Questo corpo da cui non posso uscire e che non mi piace e non riconosco, che non sento mio e da cui non posso fuggire.
Questo corpo materiale schiavo di tutte le leggi fisiche.
Questo corpo è la mia prigione.

Questa mente è la mia prigione.
Questa mente che mi conduce in ogni luogo e in ogni tempo, ma non mi permette di possederli.
Questa mente che crea universi interi eppure si perde, si avviluppa intorno a pensieri ossessivi e ripugnanti che la incatenano.
Questa mente che non trova soluzioni, non trova risposte e non sa neppure porre le domande.
Questa mente che non riesce ad afferrare la realtà, che non riesce a domare la fantasia.
Questa mente che non decide cosa desiderare, ma lo subisce.
Questa mente è la mia prigione.

Questa coscienza è la mia prigione.
Questa coscienza che ondeggia, svanisce e ricompare, travolta dalle onde dell'esistenza.
Questa coscienza che non riesce a vedersi, a individuarsi, a capirsi, a controllarsi.
Questa coscienza che non sa in cosa consiste, che non sa dove risiede.
Questa coscienza è la mia prigione.

E più cerco il mio io, più mi sfugge chi sono, più mi sfugge cosa voglio.

Ma se smetto di cercarmi, se rinuncio a capirmi, a indirizzarmi, a credere alla mia esistenza individuale, ma osservo tutte le relazioni di cui sono parte, che mi compongono e mi travalicano, ritrovo l'orma del mio passo, ritrovo la vita che mi attraversa e mi conduce là dove posso arrivare, là dove devo arrivare. E giacché non ho libertà di scelta, là dove voglio arrivare.
Là dove non so.

domenica 3 novembre 2013

CASA

Come una bestia ferita
il muso ben dentro la tana
resto fermo e in silenzio
ad ascoltare il dolore
sogno corse sfrenate
sulle creste del monte
scruto il buio con gli occhi
e annuso il mio odore
la paura nel cuore
il bisogno di amore.

domenica 27 ottobre 2013

NOTTE NELLA NOTTE


La morte lavora in silenzio
togliendo attimo dopo attimo
vita alla vita
le sue dita leggere
mi avvolgono piano
senza fretta per ora
senza fretta?
E’ un pensiero freddo
seduto in disparte
che non so giudicare
e neppure ignorare
e a volte impaurisce
e a volte sorride.

domenica 20 ottobre 2013

ANELITO OVATTATO


Datemi
un silenzio armonico
un buio caldo
uno spazio amniotico
in cui abbandonarmi
in cui dimenticare.
Non chiedo
l’oblio del sonno
né di fermare il giorno
non ruggiti di fuoco
né il possesso delle acque
vorrei solo pregare
senza aprire la bocca
senza usare la mente
e un cuscino di vento
per reclinare
il mio cuore
distendendo l’anima
distendendo la carne
straniere
in me stesso.

domenica 13 ottobre 2013

ATTRAVERSANDO


Scheletri di viti
sotto la pioggia
come uomini appoggiati
ai reticolati
le gocce si fermano
sul parabrezza
ma mi bagnano l’anima
più della campagna imbevuta
che fugge sul lato.

domenica 6 ottobre 2013

BELLEZZA


Alzando muraglie di dolore
nascondo scarne lacrime
e sotto un velo di sospiri
il mio cuore esulta
di vita e di amore.

domenica 29 settembre 2013

L'ORIZZONTE


E’ un muro di cemento
sotto il piombo del cielo,
una linea perfetta e vaga
dove il nero della terra
sfuma nel nero dell’aria,
i rami contorti
che sfuggono dalla pietraia
incatenati a radici avvizzite,
una veglia silenziosa,
un raduno di sogni,
il torpore della vita
solcata da ogni pianto,
sono i tuoi occhi
nel mio cuore
in un maggio che verrà.

domenica 22 settembre 2013

SOTTO QUATTRO COPERTE


Nubi corrono veloci
alte nel cielo
sopra il soffitto
e l’aria profuma
nel vento boscoso
oltre quei vetri
la stanza è illuminata
dal buio
ma io non la vedo
rannicchiato
sotto quattro coperte
come è povero
il mio giorno
se solo chiudendo
gli occhi
mi ricordo di guardare
il sole.

domenica 15 settembre 2013

BELO DUNUM


Sfuma il cielo
con mille tonalità
dal rosso al blu
intarsiato dalle creste nere
e frastagliate,
più sotto
le luci discrete
della città splendente
e nella cupa distesa
confusa
di cespugli, prati
e alberi
le anse argentine
del Piave
come miraggi arcani.
Afferrata
quasi per errore
la bellezza semplice
e sublime
la mente esplode
in un urlo paradossale.
Eppure non mi fermo
a vivere, ad assorbire
l’incanto,
non rallento
ma prigioniero
di un tempo sincopato
corro a rifugiarmi
nell’inerzia sterile
delle consuetudini serali
a preoccuparmi di ciò
che non posso mutare
a ragionare su Dio
che non posso capire.

domenica 8 settembre 2013

DORMI ORMAI


Il capo sul mio petto
sotto il mio braccio
il corpo, dormi!
Troppo lungo il giorno
e troppo pieno
non lascia più amore
non lascia più vita
in noi.
E così aspetto
la morte.

domenica 1 settembre 2013

DOMANDE SCOMODE


- Che bel bimbo! Ah, che bella bimba. E quanti anni ha? Solo 4 mesi?
Beh complimenti con una bimba così piccola ne aspettate già un'altra o un altro.
Come no? Ma la cosa che apprezzo di più è che sia il papà a portare la gravidanza.
No non credo di essere spiritoso, ma perché me lo chiede?

- Cosa vuol dire: “Ogni ramo che non porta frutto lo taglia e ogni ramo che porta frutto lo pota perché porti più frutto”?
Ke se te fa ben l'è la grazia de Dio, ma se te fa mal te si mona ti e de drito o da riverso te ha da patìr
e da tàser.

- Cosa aspetta, maschietto o femminuccia? Sono tre? Un maschio una femmina e un tram.... Transgender? Ma, come, cioè... ah capisco, mi rendo conto che sono stato indiscreto, forse non dovevo chiederglielo.
- No, non doveva proprio perché non sono in cinta!

- Perché il Vangelo di Luca dice “chi non è contro di voi, è per voi ” e quello di Matteo “Chi non è
con me è contro di me ”?
- Ki ke kusina al sa se 'l da magnà l'è bon, ma kei outri i ha da ciapar kel ke rua e da no magnar el tosego.

- Che bel bambino e che nonna giovane! Mamma vecchia? Bisnonna? Zia? Sorella? Amica? Baby sitter?
- Ha finito?
- Oh mi scusi Signora, non volevo infastidirla, davvero Signora.
- Signore, tanto per cominciare. Sono un uomo!
- Ma va! Ah, ah, ah
- Deficiente
- Eh, ma che maleducato! Che fa? Se ne va? Ma, guarda che tipo. Avrà qualche problema?

domenica 25 agosto 2013

ATTO DI LOGICA


Scorre da solo
il continuum
attorno a me,
ma cosa mi spinge
lungo i sentieri della luce
e delle tenebre,
dove sono le ombre
dove è la realtà?
Chi strazia le carni
e rivela le sinfonie
agli eletti?
Il caso, il destino
o questo piccolo cuore?
Non Dio, certo non Dio,
ma chi posso pregare, io
se non Dio?

domenica 18 agosto 2013

VIVO NASCOSTO


Vivo nascosto
nascosto
tra le pieghe del mio cuore
dove ristagna e germoglia
il dolore
nascosto
nei meandri più profondi
della mente
aggrovigliati
con geometrica precisione
nascosto
nella superficie increspata
del mio volto e nel suono
estraneo
della voce
vivo nascosto
e mi è nascosta
la pietra
l'alba
e la vita.

venerdì 9 agosto 2013

SALMO NUOVO


Prego, supplico, imploro
strillo, urlo, grido
strepito e collasso
fremo dal profondo
e in ogni fibra
Ti accuso e Ti invoco
e se vorrai esudirmi
Ti loderò senza fine
ricolmo di gioia,
ma se non vorrai esaudirmi
Ti loderò senza fine
cercando di capire
il Tuo amore.

domenica 4 agosto 2013

UNA MADRE FRAGILE


La madre era ormai sofferente da un pezzo, ma non si era mai fermata un momento. Curarsi dei figli era tutta la sua vita. Quel giorno però fu costretta a sedersi.
“Mi manca il fiato” sospirò.
“Non preoccuparti” ridacchiò uno dei suoi figli “prendi questa!”
La madre inghiottì la pastiglia e il fiato le tornò.
Così iniziò a prendere quella pastiglia prima una volta al giorno, poi due, poi tre.
La pastiglia però le metteva fame e già lei mangiava parecchio, con tutto il lavoro che faceva. Cominciò a ingrassare e di lì a poco iniziò a fare fatica a muoversi.
“Sono troppo pesante, devo mettermi a dieta!” esclamò.
“Ma che dici?” protestò uno dei figli “mangia fin che vuoi, a te serve energia, tieni qua!”
Così dopo ogni pasto la madre cominciò a prendere dieci gocce da quel flaconcino, poi 20, poi 30.
Ma ingrassava sempre di più e più ingrassava meno si muoveva e più ingrassava e le mancava il fiato.
“Mi fanno male le gambe e le vene sono gonfie” piagnucolò.
Subito uno dei figli le diede un paio di scatole di compresse che entrarono nella sua dieta farmacologica,
Quando iniziò il mal di fegato la madre sbuffò: “devo fare una vita più sana, uscire all'aria aperta.”
“Perché perdere così il tuo tempo?” e uno dei figli si rese disponibile per farle una puntura. Ogni giorno, poi due al giorno.
Il colorito della madre divenne grigio e la pelle secca, la voce flebile. I lavori restavano indietro.
Uno dei figli farfugliò: “Forse dovremmo smettere di far lavorare nostra madre così tanto e anche di darle tutte quelle medicine.”
“Sei impazzito?” si scandalizzarono gli altri “vuoi rovinare la vita di nostra madre? E la nostra? Vuoi forse fare tu il suo lavoro?”
Il figlio non osò ribattere ai suoi fratelli.
La madre peggiorava. Le misero il busto e le diedero un bastone per camminare. Poi due stampalle e un paranco per alzarsi dal letto. Scarpe senza lacci. Attrezzi elettrici di tutti i tipi.
Le concessero persino una giornata di riposo, ma solo per l'insistenza del solito figlio rompiscatole.
Ma la madre andava di male in peggio e un giorno all'improvviso il cuore le si fermò e morì.
I figli si accorsero con stupore che senza la madre non erano in grado di fare nulla e nel giro di 40 giorni morirono tutti di fame.
Il nome della madre era Terra.
E a te non viene il dubbio che noi figli umani della Madre Terra stiamo un tantino esagerando?

domenica 28 luglio 2013

ROMANZO BREVE


Giorni di sole
giorni di pioggia
speranze, rimpianti
scorre la roggia
resta qualcosa
non resta niente
manca la fine
ma è imminente
guardami, toccami
respira il mio giorno.

domenica 21 luglio 2013

L'ANGELO DELL'INFERNO


Si erge sul promontorio
come un gigante
ben oltre le cime degli alberi
ma non spicca verso il cielo
legato alla terra mani e piedi
da cavi di acciaio.
Nel suo corpo scheletrico
la vita agiata degli umani.
Sordo al dolore
vi purifico il desiderio
ormai fuso al midollo
ma anch’io prigioniero
m’inzuppo del destino
randagio nella tempesta.

domenica 14 luglio 2013

SALMO SENZA MUSICA


Donami Signore la follia
la follia della verità e della coerenza
la follia della rabbia e della gioia
e dell’abbandono
e toglimi questa forza
questa capacità di resistere
la condanna a sopportare
il dolore.

domenica 7 luglio 2013

FINZIONE?


Siedo serafico
e sorrido
ogni mio muscolo
è rilassato
ma la luce liquida
dei miei occhi
tradisce la febbre
ardente che brucia
nelle pieghe nascoste.
Oh non voglio negarla
ma scordarla solo un po’
e continuare a sorridere.

domenica 30 giugno 2013

REGRESSIONE


Ricurvo sul bicchiere di vino
contemplo il mio stordimento,
questa stanchezza ossessiva
rode l’intero mio essere,
quanta ne serve a giustificare
la morte?
Tutta la mia vita
franata sul presente
sembra servire
solo a questo.
Non ho più forze
per amare.

domenica 23 giugno 2013

RIVELAZIONE


La luce acida
di questo sole diafano
pallido e duro
colma d’autunno i vivi
e le morte cose
scopre il geometrico groviglio
di dolore e gioia
scopre il volto di Dio
al tocco scabro
della mano inaridita
del mio spirito.

venerdì 14 giugno 2013

NATURA UMANA


Una leggera increspatura
sullo stagno dell’abitudine
una livida venatura
sotto la pelle delle stagioni
un’incrinatura nella maglia
delle passioni
la fine del giorno
e dell’arsura
e ovunque sia
la sepoltura:
il ritorno.

domenica 9 giugno 2013

TORPORE


L’afa subdola e pesante
della fine d’estate
toglie la voglia di vivere
del vivere animale
e induce all’abbandono
non
alla contemplazione zen
alla fusione taoista
o alla nostalgia di Dio
ma ad un vegetare amorfo
e denso di ombra
dove però il tempo
scorre con fatica.

domenica 2 giugno 2013

FESTA


Si perde in infiniti riflessi
la luce della luna
sull’acqua della laguna
si perde in nera malinconia
l’anima mia straziata
di bellezza e solitudine
dentro questa folla festante
e distante.

domenica 26 maggio 2013

TRENO NOTTURNO


Sferraglia un treno
ateo nella notte,
nulla illumina
con le sue luci
smorte
e negli occhi vacui
dei finestrini appannati.
Nella mia veglia gravida
ringrazio almeno
di non essere là.

domenica 19 maggio 2013

DOLCI MELANCONIE


Non da lacrime
e vento
ma da scrosci estivi
di passione
è scavato il carso
del mio cuore,
ancora m’infonde
l’odore grasso
della pioggia d’agosto
pace ancestrale,
su tappeti di muschio
riposa la tarma
dell’esistenza,
ma già mi scopro
rannicchiato e nudo
alla ricerca
del calore fetale.

domenica 12 maggio 2013

PUNTO DI VISTA


Esiste veramente il mare?
Esiste veramente il sole?
Ombre nervose
s’intrecciano nella nebbia
tra i banchi ancora vuoti
del mercato,
invisibili scendono le chiatte
ruggendo e ululando,
nulla sfugge al mio occhio
da un altro spazio
da un altro tempo,
nulla resta di irrisolto
in questa vita
quando le domande
perdono valore.

domenica 5 maggio 2013

DETLEF


Detlef era nato sotto le bombe. 
Sua madre Ursula era andata con la figlia dodicenne Ingrid a pescare gamberi nel Muehlenbach. Lì erano cominciate le doglie. 
Si era affrettata per quanto poteva a tornare in città. Ma mentre attraversava il quartiere di Neustadt per tornare a casa era suonato l'allarme antiaereo. 
Un attimo dopo era cominciato il travaglio. Si era stesa sul marciapiede vicino alle rovine di una casa colpita da una bomba. Sperando che dove era già caduta una bomba non ne cadesse un'altra. 
Lì con l'aiuto della sorella era nato Detlef. Dopo pochi minuti una bomba era caduta vicino alla casa, per fortuna dall'altro lato. Ma la sala parto era stata ricoperta di polvere. 
Detlef si era consolato con la prima poppata. 
Poi cessato il bombardamento erano arrivate delle persone. Con una carriola madre e figlio erano stati portati all'ospedale. 
Qualche settimana dopo la madre aveva deciso che la città non era un posto sicuro, aveva preso i 2 figli e poche cose in uno zaino e si era diretta verso la campagna.
Lì aveva trovato posto in una fattoria isolata ai margini del bosco dove un'anziana signora era rimasta sola avendo perso marito e figli sul fronte russo.
Detlef era accudito per lo più dalla sorella e cresceva libero e forte.
Due anni dopo la fine della guerra conobbe il padre che ritornava dall'Africa. Prigioniero degli inglesi in Tanzania aveva raccontato di essere scappato e di aver attraversato l'Africa a piedi facendo il bracconiere, il predone e varie altre cose. 
Detlef era ancora piccolo, ma rimase molto
impressionato dai racconti del padre. 
Appena due settimane dopo il ritorno a casa il padre fu travolto da un autocarro dell'esercito americano e tutto tornò come prima.
Detlef andò a scuola e spinto dalla madre che voleva tornare in città diventò contabile.
Nel frattempo però la madre si era ammalata di tisi ed era morta.
Così Detlef andò a lavorare al Municipio del paese vicino, ma senza abbandonare la fattoria della nonna adottiva dove rimase anche la sorella.
La sorella si sposò con un commerciante di frutta e verdura e Detlef abbandonò il lavoro al Municipio per occuparsi a tempo pieno della fattoria e dell'anziana signora, che di lì a poco morì.
In seguito però ritornò a casa la sorella che approfittando della carcerazione del marito coinvolto in una organizzazione criminale che controllava tutti i traffici illeciti della regione e per la quale aveva commesso un omicidio era riuscita a liberarsi dalla sua convivenza ormai diventata insopportabile.
Non fu un periodo facile per Detlef che cercò invano di aiutarla ad uscire dalla schiavitù degli psicofarmaci e delle anfetamine in cui era caduta.
Proprio dopo il funerale della sorella Detlef per rinfrancarsi fece una lunga passeggiata nel bosco.
Detlef imboccò uno dei sentieri che era solito percorrere per cui non v'era niente di particolarmente nuovo nel paesaggio, ma poiché sentiva il bisogno di liberare la mente dai pensieri tetri Detlef si impegnò ad osservare con attenzione ogni cosa. 
Il sentiero stesso, l'erba, gli alberi, il cielo, gli insetti ed i sassi. Guadò il torrente e giunse ad una piccola radura. Sul bordo della radura c'era un grosso ramo caduto di recente, probabilmente durante l'ultimo temporale. 
Gli aghi erano ancora verdi e freschi. Il ramo era perfettamente dritto e aveva un lungo tratto senza rami laterali. La corteccia era perfetta. Detlef contemplò il ramo per alcuni minuti e per qualche ragione che non riuscì a capire, ma la cosa non lo disturbò più di tanto dato che la nuova idea che gli era venuta occupava quasi tutta la sua mente, ad un certo punto pensò che avrebbe potuto intagliarlo e ricavare una statua.
Tornò rapidamente a casa e presa un'ascia tornò alla radura e liberò il pezzo di ramo che gli serviva. Con qualche difficoltà lo caricò su una spalla e si avviò lentamente verso casa. Dovette fermarsi varie vole a riprendere fiato, ma alla fine scaricò il ramo nella rimessa degli attrezzi sul bancone da lavoro che stava sul lato sotto la finestra.
Lo osservò ancora a lungo.
Pensò al legno, alle sue fibre, alle molecole di amido e agli atomi di carbonio, ai protoni, ai neutroni e agli elettroni a tutto quel vuoto vertiginoso. Pensò al vuoto della sua vita. A quelle poche frasi che ricordava di suo padre: “E' un miracolo che io sia arrivato”. “Ho fatto cose che non avrei voluto fare, ma quando devi sopravvivere il resto passa in secondo piano”. “L'Africa è una terra incredibile”. Pensò a sua madre così forte e decisa e poi così debole durante la malattia che l'aveva consumata. A sua sorella così inquieta, alla sua nonna adottiva così dolce. All'inutile carriera di contabile, alla fortuna invece di poter fare il contadino.
Poi ritornò a pensare alla statua che avrebbe ricavato da quel ramo.
Iniziò a intagliarlo da una estremità fino ad abbozzare una testa di uccello, ma poi ad un certo punto la testa diventò quella di un uomo, così proseguì con le spalle e il busto umano, ma lì la figura iniziò ad assumere fattezze femminili. 
Allora Detlef tornò su e tentò di trasformare la testa, ma ne uscì una testa di topo. Il corpo di topo riuscì anche bene, ma Detlef si chiese che significato dovesse avere la statua di un topo. Così distrusse la testa e ricominciò a lavorare il corpo. Man mano che il lavoro procedeva nuove forme emergevano dal legno e nuove idee si affacciavano alla mente di Detlef, talvolta coerenti talvolta in contrasto con la sua opera. 
Così Detlef continuò a incidere cambiando via via il soggetto, ma finendo inevitabilmente per ridurre le dimensioni del pezzo di legno fino a ottenere una statuina piccolissima. Tutt'intorno c'era una montagna di trucioli. Erano passati 3 giorni e 3 notti. A quel punto Detlef trasformò la statuina in una piccola croce.
Non che Detlef fosse particolarmente religioso, ma andava regolarmente in chiesa perché amava la compagnia, i saluti e le chiacchiere dopo la cerimonia, i canti e aveva simpatia per il pastore e la sua famiglia.
Ripulì e mise via la piccola croce, che custodì poi per anni gelosamente nel cassetto dei documenti più importanti.
Fu in quei giorni che Detlef si rese conto che la sua fattoria produceva molto più di quanto gli serviva, che ciò che guadagnava vendendo i prodotti in eccesso finiva in gran parte per pagare carburante, sementi, fertilizzanti, antiparassitari e dei soldi che metteva via non sapeva che farsene. 
Si rese anche conto che quel sistema di coltivazione stava depauperando il terreno, la cui fertilità veniva mantenuta sempre più artificialmente. In aggiunta Detlef non amava i rumori e non aveva nessuna passione per la meccanica e le macchine.
Allora Detlef operò un salto nel passato e convertì la fattoria con l'uso della sola forza animale buoi e cavalli, del concime e dei residui culturali come fertilizzanti, di sementi autoctone autoprodotte, di antiparassitari naturali come infusi di erbe. 
Le produzione diminuirono drasticamente, ma restarono ben al di sopra del livello di autoconsumo. Barattava qualcosa con vestiti o con qualche attrezzo che gli serviva, vendeva qualcosa per pagare la boletta delle luce e così via. Ma gli restava sempre qualcosa. Così Detlef decise di regalare tutti i prodotti che non gli servivano alla mensa dei poveri che il pastore e sua moglie avevano istituito.
Queste scelte in breve resero Detlef molto popolare. La usa fattoria diventò meta di visite scolastiche che offrivano a scolari e studenti la possibilità di visionare i metodi dell'agricoltura del passato e di gustarne i prodotti che Detlef volentieri offriva loro.
Una grossa svolta fu il conoscere una giovane coppia di emigrati polacchi che si erano impiegati come lavoratori agricoli in una grossa fattoria della zona.
L'entusiasmo dei giovani per le sue scelte e il ricordo della vecchia nonna adottiva che gli aveva accolti, prima di quando lui potesse ricordare, ma da cui aveva ereditato la fattoria, lo spinse di offrire ai giovani di condividere con lui la fattoria. 
Detlef nell'arco di una decina d'anni divenne nonno di 5 nipotini. Insieme alla sua nuova famiglia sperimentò nuove tecniche culturali e fece entrare la fattoria in un circolo di agricoltura condivisa.
Diventò così un esempio di decrescita, anche se la sua ostinazione a non rinunciare ai consumi di carne gli procurò qualche critica e antipatia.
Un giorno Detlef decise di seppellire la statuetta nel bosco proprio nella radura dove stava l'albero da cui era stata tolta e disse:
“ora anch'io sono pronto a tornare alla terra in santa pace”
E anche noi gli auguriamo, quando verrà la sua ora, di andarsene in pace.

domenica 28 aprile 2013

LA SOCIETA' DEI GIUSTI


I giusti erano integerrimi.
I giusti erano odiati dai signori perché ai signori rimproveravano continuamente l'avarizia e la durezza verso i loro servi e chiedevano continuamente conto del benessere dei servi.
I giusti erano odiati dai servi perché ai servi rimproveravano continuamente l'indolenza e la disonestà e chiedevano continuamente conto della solidarietà reciproca e della lealtà ai signori..
I giusti erano amati dai servi perché rendevano migliore la loro vita e li proteggevano dall'iniquità dei signori.
I giusti erano amati dai signori, perché spingevano i servi a lavorare meglio e li calmavano evitando le rivolte.
I giusti erano molto impegnati, ed erano molto rispettosi verso tutti. Erano aperti. Ogni servo poteva entrare nella società, ma erano molto esigenti circa il comportamento e l'impegno nella missione sociale. Poi con il tempo si poteva entrare nel consiglio dei rappresentanti, poi in quello dei saggi e infine in quello degli anziani. C'erano alcuni piccoli privilegi, ma maggiori responsabilità, ma il saldo doveva essere positivo perché nessuno chiedeva mai di uscire dai vari consigli.
Venne però una grande carestia e la gente cominciò a morire di fame.
Alcuni signori incominciarono a dividere i loro beni con i servi, sicché signori e servi divennero molto più simili e si capivano bene direttamente senza bisogno dei giusti, I giusti non erano più richiesti né dagli uni né dagli altri e non sapendo più che fare finirono per non esserci più.
Molti altri signori si arroccarono finché i servi prima di morire tutti di fame si ribellarono. Diversi giusti si misero con i rivoltosi altri cercarono di difendere i signori e con loro vennero massacrati.
I giusti si chiesero sempre cosa fosse giusto fare, ma essendo giusti e pur dividendosi tra loro, non pensarono mai di avere forse sbagliato qualcosa e la loro società non fu mai sciolta, ma evaporò.

domenica 21 aprile 2013

SENTINELLE

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Il rumore della pioggia era così forte da coprire tutti i rumori della foresta e dense nuvole di vapore si alzavano dalla volta verso il cielo quasi a voler ricostituire immediatamente la coltre di nuvole. L'uomo era quasi in cima al più alto emergente della zona e riusciva a spingere lo sguardo fino all'orizzonte. Era ormai intriso d'acqua. Abbassò il binocolo e abbandonò la postazione di osservazione. Scese con l'ausilio di alcuni pioli fino ai rami più grossi degli alberi della volta e lì con agilità e la sicurezza di chi conosce la strada a memoria passò rapidamente di albero in albero.
Infine dopo una ventina di minuti scendendo lunga una scaletta di corda raggiunse il ballatoio di casa, una decina di metri dal suolo. Scostò la zanzariera ed entrò. Staccò il cinturone con il machete e lo appese al muro. Ripose anche il binocolo. La donna che stava leggendo seduta alla scrivania si alzò e gli andò incontro. Lui si fermò. Lei lo cinse e gli appoggio la testa sul petto. Lui appoggiò le mani sui suoi fianchi. Lei alzò lo sguardo sul suo viso. L'hai vista? Lui scosse la testa. Lei allungò la lingua a bere le grosse gocce che si staccavano dai suoi riccioli. Poi leccò l'acqua che gli scorreva sul collo e, aprendo la camicia, quella che gli bagnava il petto e il ventre. Gli slacciò i calzoni e abbassò gli slip. Il suo membro incominciava già a sollevarsi e nella sua bocca raggiunse in pochi secondi l'erezione completa. Lui la fece alzare, le fece cadere il gonnellino e le abbassò gli slip quindi la mise a sedere sulla scrivania. Lei divaricò le gambe e lui si spinse dentro di lei. Alla fine lui andò a stendersi sull'amaca e lei riprese a leggere, mentre il rumore della pioggia accompagnava ovattato i suoni della foresta.

La donna camminava veloce sulla neve gelata. Le stelle brillavano nella notte artica. Il freddo era già pungente, ma incominciò ad alzarsi il vento. La donna girò la torcia tutt'intorno, poi incominciò a tornare sui suoi passi. Sapeva che il vento poteva congelarla e doveva quanto prima tornare al coperto. Il vento cominciò a fischiare. La donna camminava con passo regolare, guai a restare senza forze, le soste non erano ammesse. Finalmente arrivò al villaggio. Aprì la prima porta e la richiuse, quindi aprì la seconda porta ed entrò in casa. L'uomo stava aprendo dei baccelli. Lei si tolse la giacca, ma tremava dal freddo. Lui l'abbracciò da dietro. Niente? Lei sospirò e sussurrò: niente.
Lui raggiunse con le sue mani calde la pelle del suo ventre, Salì sui seni e scese sulla vulva, mentre le baciava il collo. Lei incominciò a spogliarsi. Lui la imitò. Poi insieme si stesero sul tappeto di fronte al fuoco. Si rotolarono a lungo, poi stremati si coprirono con una grossa coperta e si addormentarono.

La carovana comparve in cima alla grande duna poco prima del tramonto. Nella piccola oasi tutti corsero a prepararsi e quando i cammelli arrivarono i bambini corsero loro incontro urlando. I ragazzi erano pronti a prendersi cura degli animali e gli anziani dei conducenti. Le donne erano sparite. L'uomo salutò e poi si separò dal gruppo e si diresse verso la casa. La donna gli baciò la mano e lo condusse al bagno. La vasca fumava e l'aria era profumato di sandalo e di cocco. L'uomo si spogliò ed entrò nella vasca. La dona con una brocca gli bagnò il capo, L'uomo cominciò a raccontare del suo viaggio fuori e dentro il deserto e poi cominciò a cantare, La donna sorrise si spogliò e si calò nella vasca. Alla fine gli sussurrò nell'orecchio hai qualche indizio? Nessuno sospirò lui nessuno. Dunque ripartirai? Sì, come sempre. Allora vieni qui e si riattaccò alla sua bocca.

Diede un ultimo sguardo intorno, poi risalì con calma. Appena fuori dall'acqua i polmoni si spalancarono e l'aria irruppe quasi dolorosamente. La donna si aggrappò alla piroga. Fece un paio di respiri poi si issò su. Tolse l'ancora e pagaiò veloce verso la riva. L'uomo usciva dal bosco proprio in quel momento e vedendola arrivare corse sull'arenile e la aiutò a tirare a secco la piroga. Lei si sdraiò. Ansimò: ancora nulla. Sì certo rispose lui pacatamente. Si sedette accanto a lei. Guardò affascinato i suoi seni che si alzavano ed abbassavano ritmicamente. Lei gli sorrise- Lui si inginocchiò e con la lingua gli inturgidì i capezzoli poi scese lunga la pelle salmastra fino a raggiungere il clitoride. Il suo ansimare si trasformò in un lungo gemito. Lui non mollò la presa finché lei non lo tirò per le spalle. Allora la penetrò stando ben attento a non pesarle sul petto. Quando ebbe finito di eiaculare, si sdraiò al suo fianco. Lei gli prese la mano. Guardiamo insieme disse lui. Sì, insieme cantò lei. E insieme chiusero gli occhi

La vecchia lavorava a maglia seduta davanti alla finestra e scrutava il sentiero che usciva dal bosco e zigzagando sul pendio portava verso casa. Era ormai l'imbrunire. L'uomo faceva sempre più fatica a camminare e accorciava i suoi percorsi, ma tornava sempre più tardi. Fu felice quando lo vide apparire. Spostò la pentola sopra la parte più calda della cucina economica e preparò la tavola. Quando il vecchio entrò si guardarono negli occhi e sorrisero. Lui scosse la testa lei annuì. Si tolse gli scarponi e si lavò le mani e le scaldò avvicinandole al fuoco della cucina. Mangiarono la minestra e le patate con il burro, chiacchierando della giornata, degli animali e del tempo. Era ormai buio. Si coricarono e tenendosi per mano si addormentarono.

Attorno alla stazione centrale la gente si muoveva come al solito, formando disegni come di formiche. Il traffico scorreva vischioso. Il parco era attraversato dai joggers e da pochi cani accompagnati dai padroni intirizziti. Il vento era debole, ma l'aria era gelida. Nelle strade del centro le persone che uscivano dai negozi entravano velocemente in un altro soltanto per scaldarsi o scendevano velocemente nel metrò. Chi doveva fermarsi per aspettare il bus saltellava per scaldarsi.
Il gruppo di ragazzi restava immobile. Guardavano in basso, si guardavano tra di loro e guardavano intorno, ma quello che vedevano era nei loro occhi, nelle loro memorie. Il cumulo era appena stato chiuso e mancava ancora la piccola lapide con le date e il nome.
Finalmente una di loro parlò. Lo aveva visto, era scritto nei suoi occhi. Tutti la guardarono. I più assentirono. Solo un paio rimasero dubbiosi. Ma a quel punto, lentamente, si rimisero in moto.

domenica 14 aprile 2013

A TESTA IN GIU'


IL LATTE. Il latte si produce dal formaggio, essendone una soluzione acquosa.
La produzione del latte non richiede particolare manualità, ma le conoscenze necessarie per ottenere del buon latte non sono banali. Il primo passo del processo produttivo consiste nel ridurre il formaggio in cubetti. Poi è necessario scaldare l'acqua. Quantità e temperatura dell'acqua dipendono dal tipo di formaggio. Anche la qualità dell'acqua deve essere compatibile con il formaggio: in generale acque più dure vanno abbinate a formaggi più molli, ma quando si prendono in considerazione gli oligoelementi tutto si fa estremamente complesso e l'esperienza del casaro emerge come fattore vincente. Si passa quindi a mescolare lentamente e lungamente fino allo scioglimento completo del formaggio. Per ottenere un latte più saporito, ma anche più grasso, è possibile sciogliere insieme al formaggio del burro o della panna. Una volta ottenuto il liquido è necessario raffreddarlo per garantirne la conservazione.

LE OLIVE. Le olive si producono per addensamento dell'olio. L'olio va portato ad ebollizione in modo da estrarre tutta l'acqua. Separata l'acqua resta una pasta viscosa. Questa va fatta intiepidire, ma non raffreddare per evitare che perda la sua plasticità. La pasta oleosa va raccolta su piccoli cilindri cavi di legno, che è necessario aver precedentemente preparato con un piccolo picciolo infilato ad un 'estremità che funge da manico. Tenendo il picciolo si fa quindi girare ogni cilindretto nell'impasto fino a che vi aderisca la quantità desiderata. Poi ogni oliva grezza va appesa ad un filo e lasciata raffreddare all'aria per un paio di ore. Infine le olive vanno raccolte e poste a stagionare in ceste. Ponendo le ceste al buio si otterranno olive nere, alla luce invece le olive assumeranno una colorazione verde.

LA PROSTATA. La ricerca medica segna un altro punto sul tabellone delle sindromi debellate.
L'osservazione che tra le donne l'incidenza della prostatite è nulla e che tra le stesse l'urinazione in piedi è assente ha permesso di sperimentare su un panel di volontari uomini l'urinazione da seduti. Al termine dello studio nessuno dei volontari soffriva di prostatite. Così da oggi gli uomini che non vogliono ammalarsi di prostata devono semplicemente urinare da seduti. Unico svantaggio: nei bagni maschili si perderà il caratteristico gradevole odore di urina.

IL FMI. Il Fondo Monetario Iinternazionale è l'organismo di controllo del sistema finanziario e degli enti bancari internazionali. Il fondo inoltre finanzia le attività economiche dei paesi sotto-sviluppati.e in via di sviluppo garantendo così il buon andamento dell'economia e il benessere delle popolazioni in tutto il mondo.

LO SCIVOLO. E' uno dei giochi classici che piace a tutti i bambini. Sempre più spesso però a causa dei nuovi materiali sempre più scivolosi con i quali vengono costruiti si registrano incidenti ai piedi e alle caviglie dei bambini. La soluzione al problema è stata trovata dai bambini stessi: affrontare la discesa a testa in giù. In questo modo i bambini riescono a vedere meglio quando stanno arrivando in fondo e a rallentare di conseguenza evitando atterraggi troppo violenti.

DEMOCRAZIA. Il peggior sistema di governo esclusi tutti gli altri. Questa famosa citazione del leader spagnolo Francisco Franco é ormai definitivamente tramontata. Grazie alla rete l'organizzazione anarchica del pianeta è ormai possibile e il trattato firmato quest'oggi alle nazioni uniti da tutti i capi di stato del mondo sancisce il nuovo ordine mondiale a partire dal 2020, Entro il 2015 sarà garantito l'accesso gratuito ad internet a tutti gli abitanti del pianeta, ed entro il 2018 entreranno in funzione i volontari per la giustizia e la sicurezza che sostituiranno polizie e magistratura su scala planetaria rispondendo del loro operato all'assemblea informatica mondiale cui parteciperanno di diritto tutti coloro che avranno compiuto i 14 anni di età.

domenica 7 aprile 2013

VOCE

Luce lunare
nei miei occhi
e spruzzi gastrici
sul verde denso
di erbe e fronde
percorse da un
vento silenzioso
non bastano
a nascondere
la miseria della voce
querula e morente.

domenica 31 marzo 2013

ASUBUHI

Il respiro del cielo
pervade di luce dura
gli occhi stanchi
e si perde
tra le fronde pingui
la vibrazione del dolore.
Il ricordo di Dio
come musica
nel vento.

sabato 23 marzo 2013

ANCORA

Nulla esce più dalla terra
nè dalla carne,
ma un’alterazione opaca
soffoca il respiro
nell’afa dello spirito
nel tempo indolente
e avaro.

sabato 16 marzo 2013

PIOGGIA

Luce spettrale negli occhi
il giorno è gonfio di pioggia
anch’io ne sono impregnato
solo mi esce
questo flebile lamento
sincopato.

sabato 9 marzo 2013

CERUME

Una doppia sutura
nelle profonde viscere
del mio spirito
raggrumato
su chiodi corruttibili.
Già non sopporto più
il fragore delle onde
del mare lontano,
eterna tempesta
e bonaccia.

domenica 3 marzo 2013

CONTRADDIZIONI

Sempre diverso
e sempre uguale
questo giorno millenario
già e non ancora
dove mente e cuore
si combattono
in immobile sforzo.
Cataste scomposte di ramaglie
nella foschia del mattino
trasportate come noi
dal flusso pietoso
del tempo.

domenica 24 febbraio 2013

RICERCA VANA

Eccomi fermo
dentro la solita
corsa frenetica
per raccogliere
ciò che mi sfugge
e vorticando
gonfia l’anima
semiassopita.
Un’amara smorfia
tetanica
mi contrae il volto
per gli occhi di Dio.

domenica 17 febbraio 2013

CONTRAZIONE

La mano rattrappita
indugia nel vuoto.
Prostrato in un muco.
denso e vischioso
inalo atterrito
la polvere ruvida
della radice della vita.

domenica 10 febbraio 2013

VERWIRRT

Una preghiera nuova
germoglia sulle tue labbra,
stormi di onde increspano
ad altri approdi
come grani di luce
dentro scatole cinesi.
Un’apatia incancrenita
incrosta i miei silenzi,
nel cielo muto
acute grida si intrecciano
nel balenare selvaggio
delle piume.

domenica 3 febbraio 2013

VISIONE QUICHÉ


Grappoli di convulsioni
squassano i giorni sortumosi
che risalgo in apnea
cercando il mantello di Dio
per nascondere il volto
alle zanne dei cani della steppa.

domenica 27 gennaio 2013

PAESAGGIO INVERNALE


Bave sottili di nubi
suturano il cielo algido
il riflesso edematoso dell’occaso
sulla neve ormai bigia
atterrita veglia la mia anima
attendendo l’estate
come se l’estate,
esistesse davvero.

domenica 20 gennaio 2013

VITA NUOVA

Gracili sospiri di nebbia
sulla tua pelle eburnea
dolce di rugiada
germoglio di tempesta
da radici ataviche
e raffiche di demoni
vieni a sedare
con la vita
la vita nuova.

domenica 13 gennaio 2013

PROSPETTIVE DI MAGGIO

Corrono inesorabili
le nuvole di primavera
sopra il Mare del Nord
mentre riprende ritmo
il mio tempo
che il rarefarsi degli eventi
discriminanti
aveva reso vischioso
e freme la mia fibra
pregna di energia
come un topo
nella ruota.

domenica 6 gennaio 2013

AL DIO CHE DIVIDE (PER POI RIUNIRE)

Debole m’hai fatto
troppo debole
per affrontare questa vita
che mi calpesta
e troppo grande
la nostalgia
che grava sugli occhi
così il peccato
di non credere
mi salva
dal ricucire lo strappo
che Tu hai decretato.