sabato 29 agosto 2020

REFERENDUM: LE RAGIONI DEL NO (3)

La riduzione del numero dei parlamentari potrebbe avere un senso nel quadro di una riforma che ne muta le competenze ed il modo di lavorare. Non ha senso cambiare solo il numero, ma la riforma dov'è? 

La vera riforma cui si punta è sostituire la democrazia parlamentare con la "democrazia" diretta veicolata dalla tecnocrazia di Rousseau? Sospetto atroce, ma verosimile.

La legge elettorale che molti affermano possa rimediare alle peggiore distorsioni provocate dalla riduzione del numero dei parlamentari è una legge ordinaria e anche si si operasse in tal senso, cosa che peraltro attualmente non è avvenuto, può essere cambiata molto facilmente in seguito ricreando gli effetti di lesione della democrazia e della rappresentanza che oggi si presentano.


mercoledì 26 agosto 2020

REFERENDUM LE RAGIONI DEL NO (2)

 L'efficienza del parlamento è un'altra ottima ragione per votare. La democrazia e la rappresentanza infatti restano sterili se il parlamento non lavora, non discute i problemi del paese, non controlla l'operato del governo, non scrive nuove leggi.

In tale lavoro il parlamento italiano già oggi non è molto efficiente produce poche leggi e scritte male il che da un lato rende necessario l'intervento della corte costituzionale, dall'altro rende complicata l'emanazione dei regolamenti e l'applicazione delle norme.

Anche la corte di Giustizia Europea ha più volte sanzionate il nostro paese per la situazione della giustizia e delle carceri e la durata irragionevole dei processi - che tra l'altro, è uno dei maggiori freni agli investimenti stranieri nel nostro paese-  ma senza riuscire a smuovere l'inerzia legislativa del nostro parlamento.

Sui temi etici del fine vita la magistratura sta ormai da tempo di nuovo operando un'azione di surroga vista l'assenza di interventi del parlamento.

Il lavoro del parlamento si svolge nelle Commissioni che già oggi faticano a far avanzare i lavori e un domani, dopo la riduzione del numero dei parlamentari, in particolare al Senato rischiano la paralisi.



lunedì 24 agosto 2020

FORMIDABILE DI MAIO !

 L'esponente del M5S, nonché evanescente ministro degli esteri, invece di accingersi a lasciare la politica, come teorizzato e promesso a suo tempo, indica la nuova strada maestra aperta dalla ricandidatura della Raggi a Roma chiosando il vecchio motto "Uno vale uno" con uno spettacolare "ma uno non vale l'altro".

Il paragone più calzante che viene in mente è "Quattro gambe bene" completato da "Due gambe meglio" dai maiali divenuti i nuovi padroni della Fattoria degli animali (e alzatisi in piedi), abrogando il precedente "Due gambe male".

Così ha fatto il nostro eroe ha stravolto il senso del vecchio motto confidando nell'insipienza delle "pecore". 

Come già avevo accennato in un post precedente ricordando il grande scrittore George Orwell (https://debolisegnali.blogspot.com/2019/06/profezie-ed-errori-di-orwell.html), la parabola dei maiali precognizzata da Orwell a simoboleggiare il futuro del comunismo, è stata profetica nel caso del comunismo cinese che è arrivato con la dottrina della tripla rappresentanza a divenire capitalismo di Stato e a rappresentare uno dei pochissimi partiti comunisti ancora attualmente al potere.

Così anche Di Maio, con le "migliori" qualità di imbonitore di un consumato politico professionista si prepara a far entrare ormai a pieno titolo il M5S nel cartello della partitocrazia  italiana.

Se il comunismo sia definitivamente morto è forse presto per dirlo, come faccia a non morire il M5S ormai orfano di molti suoi valori e dei suoi migliori progetti di cambiamento della società italiana è ormai chiaro: il potere logora chi non ce l'ha o non lo distribuisce ai suoi clienti (le vecchie pietre miliari della politica italiana; clintelismo e assistenzialismo)!



giovedì 20 agosto 2020

REFERENDUM: LE RAGIONI DEL NO (1 )

La prima importantissima ragione è la rappresentanza. La democrazia funziona così: eleggendo i propri rappresentanti e mandandoli a casa e eleggendone di nuovi quando non hanno lavorato bene.

Il numero di rappresentanti deve essere congruo per permettere il buon funzionamento del parlamento (ma questo è un altro argomento), ma deve sopratutto portare in sede di dibattito parlamentare l'articolazione della società perlomeno in termini geografici, etnografici, di classi sociali, di credenze religiose ed ideologiche, di classi di età, di occupazioni lavorative, di tendenze etiche, di ambiti territoriali (città, campagne, etc).

Per fare ciò è necessario tener conto della frammentazione della popolazione e in Italia sotto molto aspetti è particolarmente rilevante, come sono diversi gli habitat naturali e i climi e di conseguenza i prodotti agro-alimentari e le tradizioni culinarie.

Ma proviamo a fare qualche paragone. (Ho utilizzato i dati di popolazione che si desumono dalle incidenze di contagio e di mortalità dell'OMS per il Covid-19, dunque un dato assolutamente aggiornato).

Vediamo alcuni paesi Europei. 

In Gran Bretagna per ogni milione di abitante vi sono 12 rappresentanti, ma bisogna tener conto che una parte sono nominati dalla regina e non eletti e che comunque parliamo per l'appunto di una monarchia, inoltre oltre alla Camera dei Lord e dei Comuni inglese, vi sono la camera Scozzese e dell'Ulster.

Altre 2 monarchie Spagna e Olanda si attestano sui 13 eletti per milioni di abitanti, il regno del Belgio  arriva a 18, mentre altre due monarchie la Danimarca e la Svezia vedono salire il numero di eletti per milione di abitante rispettivamente a 31 e 35.

La Francia, che però è una Repubblica presidenziale in cui dunque il Parlamento ha un ruolo più sfumato elegge 14 rappresentanti ogni milione di abitante, anche se una parte in modo indiretto. 

La Germania che però è una Repubblica Federale in cui dunque esistono anche i parlamenti degli stati federali (i Laender) abbiamo 9 eletti per milioni di abitante, ma se calcoliamo anche i parlamenti dei Laender superiamo i 31.

La Svizzera che è una Confederazione Cantonale solo con il parlamento federale sfiora i 29 rappresentanti per milione di abitante.

Uscendo dall'Europa gli Stati Unit che sono una Confederazione di Stati hanno a livello centrale solo 2 rappresentanti scarsi per milione di abitante, ma sommando gli importantissimi parlamenti statali arriviamo a 26.

Diffidate di chi fa paragoni senza mettere in luce le diversità dei sistemi.

Ma vediamo all'Italia. Oggi abbiamo 20 eletti per milione di abitante, siamo tutto sommato nella media, anche se tenendo conto delle peculiarità Italiane, di cui si diceva all'inizio, dovremmo invece aspettarci di essere ben sopra la media, direi al vertice della numerosità di eletti per milione di abitante. Dunque ragionando bene, già avremmo bisogno o di passare ad un sistema federale o di incrementare il numero di parlamentari per garantire una giusta rappresentanza.

Dopo la riduzione che è stata deliberata dal nostro Parlamento invece scenderemmo drammaticamente sotto i 10, dunque finiremmo in fondo a questa piccola classifica.

Oggi non è così facile incontrare un Parlamentare, quanto più lo sarà domani se passa questa sciagurata riforma. 

Vi sono poi situazioni paradossali, come la rappresentanza in Trentino-Alto Adige che (per fortuna) non può scendere, perché vincolata da trattati internazionali, che creerebbe così una piccola  isola di cittadini di serie A e invece gli italiani all'estero, già oggi sotto rappresentati, che diverrebbero cittadini di serie C.

Qualsiasi sistema di ripartizione dei collegi e qualsiasi sistema elettorale  si scontra con l'esiguo numero dei Parlamentari post-riforma, ma data l'abilità dei nostri attuali rappresentanti c'è da aspettarsi il peggio, ma questo è l'argomento dell'efficienza per il quale vi rimando ad un successivo post.

sabato 8 agosto 2020

REFERENDUM: LE RAGIONI DEL Sì

 La prima ragione è il risparmio dei costi.

I sostenitori del no hanno calcolato che il risparmio per il contribuente è pari ad un caffè all'anno.

I sostenitori del sì replicano che il risparmio dei costi è simbolico.

C'è da restare allibito, le azioni simboliche dovrebbero avere altri impatti pari a zero, ma ciò non è per la riduzione dei parlamentari né in termini di rappresentanza, né di funzionalità del parlamento.

La seconda ragione è che il numero di parlamentari era stato deciso in un momento storico in cui non esisteva l'unione e dunque il parlamento si occupava di più materie.

Anche questa argomentazione è inconsistente: le uniche norme europee che entrano direttamente in vigore nei paesi membri senza l'approvazione dei parlamenti nazionali sono i regolamenti che però impattano non su materie mai trattate, ma su una legislazione in vigore e necessitano dunque di interventi normativi di armonizzazione e di attuazione.

Le materie su cui legifera l'Unione sono poi ben poche, impatto rilevante vi è solo sull'agricoltura.

Ma ragionando anche in prospettiva futura se finalmente competenze rilevanti in termini di politica estera, difesa, tesoro, ambiente passassero come non solo auspicabile, ma necessario all'Unione e se anche altre competenze in materia di turismo, istruzione, sviluppo fossero devolute alle regioni, per quel processo di autonomia che la maggioranza delle regioni richiede, e dunque al parlamento nazionale restassero le residui competenze in particolare per la giustizia e gli interni e il coordinamento a livello nazionale, forse che questo renderebbe meno stringente la necessità di rappresentanza democratica e di efficienza nel lavoro parlamentare?

La risposta non può che essere no: la società, il mondo di oggi è molto complesso, i poteri economici globalizzati sono spaventosamente forti, la democrazia è in forte pericolo per il consolidarsi di modelli alternativi quali quello cinese e russo, dunque abbiamo bisogno di ampia rappresentanza sia a livello territoriale sia a livello di frammentazione sociale e ideologica e abbiamo bisogno di un parlamento che nelle commissioni e in aula sia in grado di lavorare tanto e bene e rapidamente.

Quini le ragioni del sì sono cattive ragioni.

giovedì 6 agosto 2020

L'App Immuni per un grande paese

Premetto che già alla metà di giugno ho installato sul mio cellulare l'App Immuni, anche perché chi volesse realmente tutelare la sua privacy dovrebbe per lo meno: 1.rinunciare a possedere uno smartphone, 2. rinunciare a possedere un PC collegato ad Internet, 3. rinunciare ad avere accounts di qualsiasi tipo on-line, 4. rinunciare a possedere carte di credito, 5.rinunciare a possedere tessere bancomat.

Quindi anche se di fatto, non essendosi diffusa, non serve a nulla, non sono contrario all'App in sè.

Mi sorprendo però ogni volta che vedo lo spot che ne promuove l'utilizzo che si conclude con la frase: "Un piccolo gesto per un grande paese".

Ma possibile che nessuno degli autori dello spot si ricordi le battute del film Mediterraneo? "C'è da costruire un grande paese" diceva il sergente maggiore Nicola Lorussso lasciando l'isola e il tenente Raffaele Montini, quando torna sull'isola ad omaggiare la tomba di Vassilissa glielo ricorda, al che il personaggio interpretato da Diego Abatantuono replica "Non ci hanno lasciato cambiare niente".

Non se ne ricorda nessuno? O forse i destinatari della pubblicità se ne ricordano ed infatti la pubblicità non sortisce effetto. Ma perché c'è bisogno di aizzare il nazionalismo, il patriottismo? Troppo facile rispondere: veramente è cambiato tutto, ma non è ancora cambiato niente!

domenica 2 agosto 2020

REFERENDUM SUL NUMERO DEI PARLAMENTARI

La pandemia è ancora una grossa incognita certo. Ma il pressappochismo della classe politica italiana è una garanzia. Già aver voluto sovrapporre elezioni regionali e referendum è una schifezza che non sembra avere altra ratio se non quella di far passare sotto silenzio il dibattito. Ora l'incertezza in Italia è grande, ma all'estero, in molti paesi con folta rappresentanza di italiani là residenti, la situazione è drammatica ed impedisce lo svolgimento di una qualsivoglia consultazione. Siamo in periodo balneare e per di più in fase di emergenza virus, con divieto di assembramento. Ciò nonostante la data del referendum non si tocca e allo stesso tempo il dibattito langue, o meglio non parte proprio  nemmeno sui media, con le solite risicate eccezioni, tra cui come sempre primeggia Radio Radicale. Così non resta che dibattere sui social, tentando di far passare un po' di informazione oggettiva e non demagogica.