domenica 21 aprile 2019

VECCHIA BREXIT E NUOVA I.R.A.

La Brexit ha perso ormai da tempo il sapore della novità e sta divenendo sempre più qualcosa di stantio. Danni ne ha già fatti, in particolare ha occupato le agende politiche europee e britanniche impedendo di affrontare e magari risolvere molti altri problemi reali. Oggi la recrudescenza delle tensioni inter-etniche nell'Ulster e il tentativo di riorganizzarsi della Irish Republican Army sono un ulteriore risultato del corso della Brexit e del dilemma del Back Stop. A mio avviso questo è  il più chiaro ed inquietante segnale di come il ritorno al nazionalismo possa portare al riaprirsi di conflitti nel nostro continente. Spero da un lato che la Brexit possa non giungere in porto, dall'altro che possa invece innescare finalmente il processo di riunificazione Irlandese e di  indipendenza scozzese.
E per quanto riguarda l'Unione che il tormentato esito della Brexit possa scoraggiare nuove tentazioni di uscite sovraniste degli Stati e che invece il processo di indipendenza Catalana come quello dell'autonomia Veneta possano compiersi favorevolmente e in tempi rapidi, come prodromo per l'instaurazione di una Confederazione Cantonale Europea .
http://debolisegnali.altervista.org/Manifesto_eu7dot0.html

mercoledì 17 aprile 2019

MASSIMO BORDIN

La scomparsa di Massimo Bordin lascia un vuoto enorme nel giornalismo e nella politica italiana, ma anche nel cuore di tanti che da decenni seguivano quotidianamente la rassegna stampa di Radio Radicale e si erano affezionati alla sua simpatica voce roca. Ci mancheranno le sue analisi, il suo garbo, la sua arguzia, la sua lucidità ed equanimità, la sua ironia, la sua prodigiosa memoria storica.
Già avevamo perso i suoi incontri settimanali con Marco Pannella, in cui alla fine il suo ruolo era divenuto davvero difficile e la sua presenza ancor più preziosa. Ora manca solo che un governo liberticida riesca a far morire anche Radio Radicale. Sarebbe una perdita drammatica non solo per la cultura e l'informazione, ma per la democrazia stessa.  

lunedì 15 aprile 2019

La pubblicità del gioco d'azzardo

Ricordo bene di avere approvato quando ho sentito che una delle prime decisioni prese dal nuovo governo giallo-verde fosse il divieto di pubblicizzare il gioco d'azzardo.
Da sempre sono antiproibizionista e a livello internazionale sempre più la politica di limitazione del danno sta mietendo successi rispetto al proibizionismo nell'ambito delle dipendenze. Lungi da me chiedere la proibizione del gioco d'azzardo, ma la sponsorizzazione martellante nei canali televisivi dei venditori di dipendenza, quali sono i gestori dei siti per il gioco d'azzardo, è un'azione per l'amplificazione del danno che ingrassa i gestori e riduce sul lastrico migliaia di persone certamente tra le più deboli, che già trovano locali ovunque in cui dannarsi con il proprio vizio. 
Legalizzare le droghe vuol dire depenalizzare, svuotando le carceri e tutelando la vita dei consumatori, controllare, tutelando la vita dei tossicodipendenti dalle sostanze nocive con cui spesso gli spacciatori tagliano le droghe, sottrarre alla criminalità un'enorme fonte di profitto indebolendo così l'illegalità. Non vuol dire certo sostenere il consumo promuovendolo a fine commerciali.
Perché con la ludopatia invece si fa proprio questo? Sarebbe interessante capire in quali tasche finiscono i soldi del gioco d'azzardo e quali leve di potere controllano questi "criminali" legalizzati.
Ma tornando all'inizio che ne è stato di quel divieto annunciato dai telegiornali ormai un anno fa?