mercoledì 17 febbraio 2021

La Catalogna vota di nuovo per l'indipendenza Prof. Dr. Axel Schönberger

 15 FEB 2021 — 

«Chi fa una fossa vi cadrà dentro; e chi rotola una pietra vi ritornerà sopra.» (Proverbi 26, 27).

Tre parti sono responsabili delle massicce violazioni del diritto organico dello Stato spagnolo e dei diritti umani del popolo catalano che lo Stato spagnolo ha commesso, specialmente da ottobre 2017:

1. Il Partido Popular (PP), attraverso le cui politiche catalanofobiche di lunga data la nazione catalana è stata provocata a tal punto che il movimento indipendentista catalano, originariamente piccolo, è diventato capace di ottenere la maggioranza. Nel 1976, sette partiti — sei dei quali guidati da ex ministri del criminale assassino di massa e dittatore Francisco Franco — si erano uniti per formare l'Alianza Popular. Questo partito riuniva le vecchie élite del regime franchista del terrore. Nel 1989, l'Alianza Popular si ribattezzò Partido Popular («Partito Popolare»). Gli enormi scandali di corruzione degli ultimi anni, soprattutto l'affare Guertel, gettano una luce eloquente su questo partito e sui suoi funzionari.

2. Il Partido Socialista Obrero Español (PSOE), un partito apparentemente «socialdemocratico» i cui membri principali sono stati coinvolti in una serie di scandali di corruzione, ha subito un'enorme perdita di reputazione a livello mondiale, soprattutto a causa del coinvolgimento di membri di spicco di questo partito e del Ministero dell'Interno che guidava all'epoca nelle attività criminali degli squadroni della morte illegali «Grupos Antiterroristas de Liberación» (GAL). Nonostante tutte le differenze politiche, i partiti PP e PSOE sono riusciti per decenni a spartirsi uffici e sinecure. Nel loro disprezzo per i diritti del popolo catalano, così come per la lingua e la cultura catalana, si differenziavano tuttavia almeno nel grado, così che il PSOE appariva generalmente ai catalani come il male minore rispetto al PP.

3. Il partito «Ciudadanos — Partido de la Ciudadanía» è emerso nel 2006 in Catalogna, dove una significativa minoranza spagnola si era insediata fin dagli anni '60 come risultato delle misure corrispondenti adottate dal governo franchista. La sua raison d'être originaria è un veemente anticatalanismo; si riconosce che mira a respingere la lingua e la cultura catalana e a sostituirla in gran parte con lo spagnolo. Dal 2015, il partito, che sta alla destra del Partido Popular e in alcune posizioni appare di estrema destra, è attivo in tutta la Spagna.

Nell'ottobre 2017, questi tre partiti hanno violato il diritto organico dello stato spagnolo abusando dell'articolo 155 della costituzione spagnola per dichiarare deposto il governo catalano democraticamente legittimato, sciogliere il parlamento catalano democraticamente eletto e indire nuove elezioni in Catalogna senza che la costituzione spagnola fornisse una base giuridica per questo. Come risultato, i politici catalani che si sono candidati ad alte cariche nel governo catalano sono stati perseguitati da una magistratura evidentemente politicizzata, impediti di esercitare i mandati parlamentari, rimossi illegalmente dall'incarico e diffamati pubblicamente. Al popolo catalano è stato chiaramente dimostrato che la Spagna lo considera una «colonia eterna» e gli nega illegalmente il diritto umano all'autodeterminazione, anche usando la violenza.

Dopo che un tribunale spagnolo ha rimosso l'ultimo presidente catalano, Quim Torra, dal suo incarico in modo chiaramente illegale — la Corte di giustizia europea di Strasburgo avrà probabilmente l'ultima parola — e nuove elezioni si sono quindi rese necessarie, il PSOE ha fatto in modo che queste non fossero rinviate al 30 maggio 2021 a causa della pandemia, come volevano gli altri partiti, ma che si tenessero il 14 febbraio 2021. I «socialdemocratici» spagnoli speravano che questo avrebbe portato a una bassa affluenza alle urne — è stata infatti solo del 53,54% — e successivamente a una chiara vittoria elettorale, dato che hanno mandato il popolare ministro della salute del governo centrale spagnolo, il catalano Salvador Illa, come loro candidato nella campagna elettorale catalana.

Come è noto, solo i vitelli più stupidi scelgono il proprio macellaio. I catalani non sono stupidi. I tre partiti responsabili del «colpo di stato dall'alto» del 2017 e delle più grandi violazioni dei diritti umani viste in Europa occidentale da decenni hanno ottenuto il seguente numero di seggi nel parlamento catalano per il loro obiettivo politico comune di impedire la separazione della Catalogna dalla Spagna:

Partido Socialista Obrero Español: 33 (2017: 17 seggi)
Ciudadanos: 6 (2017: 36 seggi)
Partido Popular: 3 (2017: 4 seggi)

Questo porta il loro totale a soli 42 seggi (da 57).

Il partito di estrema destra Vox, uno spin-off del Partito Popolare, è arrivato da una partenza da fermo a 11 seggi. Se il partito, che è neofascista in alcune parti, viene contato come parte del blocco dei tre partiti del colpo di stato dell'ottobre 2017, questo risulta teoricamente in 53 seggi. I politici di spicco di Vox, tuttavia, sono fermamente convinti che i politici di spicco del PSOE, compreso il loro candidato di punta catalano Salvador Illa, appartengono alla prigione proprio come i prigionieri politici catalani, motivo per cui Salvador Illa rifiuta categoricamente qualsiasi cooperazione del suo partito con gli estremisti di destra del partito Vox.

Il numero totale di seggi parlamentari è 135, la maggioranza assoluta parte da 68 seggi.

I tre partiti che sono decisamente a favore dell'indipendenza statale della Catalogna sono rappresentati nel parlamento catalano come segue:

Esquerra Republicana: 33 seggi (2017: 32 seggi).
Junts per Catalunya: 32 seggi (2017: 34 seggi)
CUP: 9 seggi (2017: 4 seggi).

Un altro partito catalano che, almeno in passato, ha sostenuto che i catalani dovrebbero essere autorizzati a votare sulla questione della loro indipendenza statale in un secondo referendum pattato con lo stato spagnolo, ma ora sembra principalmente interessato a condividere il potere e a lavorare con il PSOE, è Comú-Podem:

Comú-Podem: 8 (2017: 8 seggi).

Ciò significa che una coalizione ‘di sinistra’ tra i partiti Esquerra Republicana, PSOE e Comú-Podem sarebbe teoricamente possibile, ma è molto improbabile, dato che la stragrande maggioranza degli elettori di Esquerra Republicana difficilmente perdonerebbero al suo partito di fare un patto con un partito del «articolo 155», ed Esquerra Republicana, come altri partiti, aveva già escluso in anticipo una coalizione con i socialdemocratici. La CUP, d'altra parte, sarebbe stata disposta ad appoggiare nuovamente un governo di minoranza di partiti Esquerra Republicana e Junts per Catalunya solo se avesse dichiarato chiaramente il suo appoggio all'indipendenza della Catalogna e non avesse più rifuggito da un confronto deciso con lo Stato spagnolo. In ogni caso, i partiti politici a favore dell'indipendenza statale della Catalogna sono rappresentati con più seggi nel nuovo parlamento catalano di prima. L'indipendenza catalana è stata nuovamente desiderata dalla maggioranza degli elettori in queste elezioni, nonostante la tremenda repressione dello stato spagnolo, con un chiaro spostamento verso la CUP, che cerca di sfidare lo stato spagnolo, che rifiuta il dialogo.

C'è da aspettarsi che lo stato spagnolo reagisca a questo risultato elettorale con ulteriori misure repressive e violazioni dei diritti umani. Tuttavia, la Spagna potrà solo ritardare l'indipendenza della Catalogna, non fermarla. Non importa quanto duramente si cerchi di arginare un fiume potente per sempre, un giorno si romperà inesorabilmente la sua strada. Di questo dovrà rendersi conto anche l'Unione Europea, che ancora non si vergogna dei prigionieri politici in Spagna, anche se il ministro degli Esteri russo Sergei Viktorovich Lavrov, in accordo con gli organi competenti delle Nazioni Unite, ha correttamente indicato tre dei prigionieri politici detenuti illegalmente dalla Spagna davanti agli occhi e alle orecchie del mondo intero. L'atteggiamento dell'Unione Europea nei confronti delle massicce violazioni dei diritti umani da parte dello stato spagnolo può essere paragonato all'errata opinione di molti politici del XX secolo che consideravano le persecuzioni degli ebrei in Germania e dei catalani, baschi e galiziani in Spagna — grandi crimini contro l'umanità — come affari interni dei due stati fascisti.

domenica 7 febbraio 2021

IL PRINCIPE DRAGHI

Qualcuno di recente invocava  il metodo romano di nominare un dittatore in caso di guerra e forse anche Conte la vedeva in quel modo. Dobbiamo però riconoscere che la transizione dalla repubblica parlamentare alla dittatura è in Italia già in corso da tempo. 

A parte la latitanza di una informazione libera, prima il Parlamento ha ceduto il suo potere al Governo con i ripetuti voti di fiducia, i decreti legislativi non coerenti per materia e non urgenti, i DPCM, poi il Governo stesso ha alzato bandiera bianca e ha rimesso il potere al Capo dello Stato, che ha deciso in totale autonomia, come un sovrano assoluto, il Premer da imporre al paese e la maggioranza che deve sostenerlo.

Insomma ha nominato il Principe Draghi. E le forze politiche si stanno dimostrando pronte ad avvallare l'investitura.

Al di là che Draghi è un uomo pericoloso, per la sua storia di "finanziere", è per un paese allo sbando - che si ostina da anni a non volere cambiare (né con un autentico federalismo interno né con la cessione di maggior sovranità all'Europa), ma persiste solo a redistribuire la ricchezza tra gli amici e gli amici degli amici- è Draghi un male necessario nella misura in cui costringerà ad un uso proprio del Next Generation UE.

Personalmente mi auguro che sia FdI sia LeU non entrino nel Governo né lo sostengano dall'esterno, ma restino all'opposizione. Penso infatti che l'opposizione sia una ricchezza, una componente essenziale della democrazia o nel nostro caso di ciò che ne resta.

IL FALLIMENTO DI BORREL

 Ascoltando stamattina su Radio Radicale la rassegna stampa "Stampa e regime" sento del deludente esito della missione diplomatica dell'Alto Commissario dell'UE a Mosca. "Non ha avuto la forza di porre sul tavolo la questione dei diritti umani" dice Marco Cappato, conduttore della trasmissione.

Mi viene da ridere, al solito, per non piangere! Ma come può un anti-democratico, corresponsabile e sostenitore della repressione catalana, che calpesta brutalmente i diritti dell'uomo e il diritto internazionale opporre la questione dei diritti umani a qualsivoglia interlocutore, anche uno palesemente in torto come Putin? 

Eppure la necessità di essere credibile per l'Europa è vitale per il mondo: dalla Cina (Uiguri, Tibetani, Falun gong, Hong-Kong) alla Turchia (curdi, accademie, giornalisti, avvocati, musicisti) all'Iran (oppositori e diritti civili di ogni tipo) all'Egitto (Regeni e Zaki), al Mnyamar ricaduto sotto la dittatura militare le voci della democrazia che possono ancora dire e fare qualcosa sono poche oltre all'UE USA, UK  e pochi altri attori probabilmente troppo piccoli.

L'Europa reale deve uscire dalla gabbia degli accordi intergovernativi e del governo del Consiglio recuperare lo spirito di Ventotene dando potere alla Commissione sotto il controllo del Parlamento per una vera democrazia europea preludio agli Stati Uniti d'Europa e al successivo punto di arrivo della Confederazione Cantonale Europea. 

http://debolisegnali.altervista.org/Manifesto_eu7dot0.html



venerdì 5 febbraio 2021

LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI

Decrescita Felice Social Network (decrescita.com), di cui all'epoca ero redattore, pubblicava il 5 giugno 2013 il mio articolo dal titolo di cui sopra che riporto qui di seguito:
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Lavorare meno, lavorare tutti è un vecchio slogan sindacale. L’obbiettivo della settimana lavorativa di 35 ore non è più in agenda, ma l’idea è tornata di grande attualità con i contratti di solidarietà che riducendo l’orario di lavoro individuale permettono di abbassare le produzioni procrastinando nel tempo misure quali cassa integrazione e mobilità.

Il 28 maggio scorso nell’ambito del 4 Congresso Nazionale della Federazione Energia Moda Chimica e Affini della CISL ad Assisi, cui ho partecipato in qualità di delegato, ho fatto nel corso dei lavori del comparto moda il seguente intervento:

“Permettetemi di iniziare il mio intervento leggendovi una poesia di Eugenio Montale:

 Forse un mattino andando in un’aria di vetro,

arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:

il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro

di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come su uno schermo, s’accamperanno di gitto

alberi case colli per l’inganno consueto.

Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto

tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

 Ho voluto leggervi questa poesia perché esprime bene il mio personale sconcerto. Lo sconcerto che ho provato in questi ultimi anni nel capire che le rappresentazioni economiche del mondo che avevo studiato e che quasi tutti ancora continuano a proporci sono fuorvianti.

Questo sistema economico, questo modello di sviluppo ha raggiunto il limite della sua crescita: pena la distruzione del pianeta. E’ dunque necessario cambiare i nostri consumi sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi e di conseguenza cambiare il modello produttivo.

E’ particolarmente difficile declinare ciò nel comparto moda, ma ignorare l’ineluttabilità del cambiamento può avere conseguenze drammatiche.

Non voglio farla troppo lunga: vi invito a leggere Pasolini, Illich, Latouche.

Da quest’ultimo pensatore prendo una proposta importante: scambiare gli incrementi di produttività con la diminuzione del tempo individuale di lavoro e l’aumento dei posti di lavoro.

Aggiungo che la nostra organizzazione ha le capacità per farsi promotrice di iniziative quali casse di mutuo soccorso, banche del tempo, monete complementari. Cominciamo a pensarci”.

Nel dibattito, ahimé, molti hanno ancora parlato di sviluppo sostenibile, di ripresa economica, di una vaga problematica ambientale. Qualcuno però ha anche affermato che non si può parlare di crisi, bensì di svolta epocale e che il ritorno alla situazione ex-ante non è pensabile o che la compatibilità ambientale deve divenire un prerequisito cogente in ogni scelta di cosa e come produrre nei nostri settori industriali.

L’idea di lavorare meno poi è stata non solo ripresa nel dibattito, ma anche riproposta sotto diverse angolature da altri interventi. Manca ancora la coscienza dell’importanza del passaggio non solo in termini solidaristici, ma come passo verso una nuova organizzazione sociale, che vada finalmente verso la grande promessa mancata dell’era delle macchine di dare più tempo alle persone sgravando il tempo di lavoro senza ridurre il benessere.

Sappiamo che questa promessa è stata invece inghiottita dalla follia consumistica della crescita per darci un benessere effimero e soprattutto non sostenibile.

Il cammino da fare per arrivare a dare gambe, anche nel sindacato, a un percorso virtuoso è ancora lungo, ma alcune idee si stanno facendo strada e ogni passo nella direzione giusta è il benvenuto.

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Mi sembra ancora valido, anche se sempre più nuove tecnologie promettono di poterci aiutare e così si parla oggi più di green economy che di decrescita, ma le oligarchie tecnologiche che affollano oggi il cyberspazio - e grazie alla ricchezza lì prodotta comandano di fatto anche il mondo reale - e l'affermarsi del capitalismo di Stato cinese rendono il pericolo dell'avvento di un eco-fascismo non più una tetra profezia bensì un processo ormai in atto.

Urge per lo meno rendersene conto per poi capire, più in fretta possibile, che fare.

giovedì 4 febbraio 2021

REsponsabilità - REnzi - REalismo

 Ancora oggi, con Draghi presidente del Consiglio incaricato, molti continuano con il mantra "irresponsabile aprire questa crisi". Basta! Irresponsabile era lasciare in mano a Conte, Bonafede, Azzolina & Co la gestione del Next Generation UE, come già chiaramente si vedeva dai documenti in corso d'opera.

Oltretutto bisogna anche ammettere che Renzi non è il vero motore della crisi, ma lo è Bonafede (ministro della giustizia apertamente schierato contro le misure alternative alla detenzione, che ha mentito spudoratamente sul sovraffollamento, che ha cancellato la prescrizione nel mentre che la lunghezza dei processi è ulteriormente in allungamento, che non sta per nulla gestendo la pandemia nelle carceri) la cui relazione non solo per Italia Viva, ma anche per buona parte del PD e di LEU era del tutto inaccettabile.

Ora con realismo annotiamo che la formazione di un governo Draghi è tutt'altro che semplice, che Draghi anche se ha opportunamente parlato di coesione sociale e di forze sociali è comunque legato al mondo della finanza internazionale e che come contro parte ha questo parlamento italiano la cui qualità è quella che è (ma il prossimo parlamento ridotto sarà ancora peggio, anche perché appunto ridotto e perché allo stato dei fatti verrà ancora deciso dalle segreterie dei partiti).