mercoledì 31 agosto 2011

DIARIO SEGRETO


13 sett. Dopo 6 giorni grigi di pioggia sottile il cielo s’è incupito e scrosci furiosi di pioggia flagellano con rabbia la terra già pregna, che trasuda come un giovane corpo in un infuocato amplesso estivo sotto il sole diretto e cocente dei tropici. Io come uno straccio logoro in 3 dita d’acqua non riesco più a smaltire la mia amarezza.

16 sett. Da 3 giorni ormai i temporali si rincorrono come amanti novelli. Pare infinita l’energia del cielo ed enorme l’ira di Dio contro i mortali. I fiumi fangosi divorano il salario di anni di stenti, cancellano la vita dove più rigogliosa dava i suoi frutti, lasciano una bava di melma fetida dentro cui annegano resti senza nome.

8 ott. Una nausea sottile, appena un gradino sopra la soglia della coscienza, mi prende quando devo partire. Lo stato confusionale di un risveglio antelucano sembra acuirla, nello sforzo di strappare membra e mente all’oblio notturno.
Il buio denso nasconde ancora ogni presagio del giorno e sembra promettere solo freddo e abbandono. Sono le 4 e 38. Il treno arranca nella nebbia, prende velocità mentre spettrali sagome di ferrovieri contemplano dal bordo del binario il mio viso solitario.
Chi sono questi uomini, dove vivono, come, con chi? Cosa pensano? E chi sono io, cosa penso veramente se non mi lascio distrarre dal mondo, che scorre davanti ai miei occhi in una accelerazione che comprime anche i miei pensieri?
La carrozza è vecchia e sa di stantio. So che il controllore non passerà prima della prossima fermata. Ciondolo la testa guardando fuori. La stazione è ormai scomparsa e la notte inghiotte nuovamente ogni cosa, riprende il dominio assoluto del mondo fuori di questa prigione semovente. E questa luce artificiale è un tormento maggiore.
Lotto per non dormire o forse per dormire e mi rodo pensando a questo odioso viaggio.

12 ott. P. sorride beffardo. Non mi piace il suo sorriso. Molte cose di lui non mi piacciono. A partire da come mescola continuamente lingue differenti, comprese un paio che, e lui lo sa bene, io non conosco affatto. Inoltre P. ha questo modo estremamente indiretto e sottile di indagare. Cerca di farmi parlare, di avere informazioni su di me. Credo sia per lui solo un gioco: conoscere ciò che non può, estorcere notizie a chi non deve darne ed è addestrato a non farlo. E non lo faccio e fingo di non accorgermi dei suoi tranelli verbali. E anche questo lo diverte molto, sa apprezzare l’abilità dell’avversario.
Se fossi libero non vorrei avere nulla a che fare con lui. Se fossi libero! Una leggera vertigine. Devo concludere e andarmene.
Se fossi libero!

20 ott. Sento il respiro regolare di M. sul mio viso. Mi alzo nella penombra ed esco silenziosamente dalla stanza.
M. è l’unica persona esterna al mio “lavoro” che ho conosciuto durante una “missione” a non essere svanita lasciando solo una traccia sbiadita nella memoria. C’è qualcosa di anomalo nella vita di M. Naturalmente io mi guardo bene dall’indagare. La nostra relazione si basa su questo: nessuna informazione sulla vita personale.
Eppure abbiamo infiniti argomenti di conversazione nei nostri radi incontri e comunichiamo su un piano di intimità molto profondo, ben superiore agli eventi delle nostre povere vite.
Guardo la sua sagoma attorcigliata nelle lenzuola dalla stretta prospettiva delle due architravi che ci separano. Devo scacciare il desiderio di lei, finché sono qui e la vedo, o non potrò mai farlo una volta partito. Quant’è difficile!
Distolgo lo sguardo e comincio ad armeggiare ai fornelli. M. si sveglia, mi raggiunge, il suo abbraccio profumato mi stringe delicatamente. Maledizione, come è difficile! Ma può funzionare solo così tra noi.
Perché? E’ proprio vero?

12 nov. L’aria è tersa. La città si muove sotto di me, così distante e così vicina. Amo questa sensazione e per questo amo volare. Con il bel tempo s’intende. Il brutto tempo lascia spazio solo alla destinazione e al dovere.
Il dovere! Perché non sottrarmi ad esso? Il mio ruolo mi ha estraniato alla “causa” a tal punto che non solo non ho alcuna parte nelle decisioni, ma nemmeno le conosco. Svolgo il mio ruolo come un cieco che dipinge una parete, ignaro di tutto. E mi chiedo perché lo faccio.
E’ ancora giusto tutto ciò?

30 nov. Fare shopping è un’attività interessante. Si possono capire tante cose di un posto e del mondo dalle merci esposte nei negozi.
Ancora più bello è osservare i clienti e i venditori. Che magnifico laboratorio. Le cavie passano di trappola in trappola eseguendo tutti gli esercizi previsti con variazioni infinite.
Chi sta osservando i miei esercizi? Guardare il rovescio della medaglia non è mai sbagliato, ma spesso è poco piacevole.
Anch’io sono poco piacevole, lo intuisco nello sguardo dei bambini e nello sfuggire degli sguardi degli adulti. Io li fisso, spostando il fuoco solo mezzo metro dietro di loro. Mi crederanno pazzo.
Non lo sono forse?

2 dic. L’occhio spia dalla fessura. Una striscia di viso. Migliaia di volte. Poi un giorno, una forza nuova, scosta la tenda e il viso appare nella sua interezza, ma al di là dell’occhio, della striscia conosciuta, il viso è una sfera grigia e liscia. Lo shock richiederebbe un urlo selvaggio, ma dalla gola esce solo un rantolo sordo.

24 dic. Odio ripensare al passato: un sentiero franato, che non posso più percorrere, a che mi serve ripassarne la mappa?
L’insegnamento del passato sta nelle astrazioni che se ne traggono, perché solo le astrazioni hanno utilizzo immediato. Il ricordo in sé, va rielaborato, comparato alla situazione presente e non permette perciò di stabilire una reazione in tempo utile per il momento contingente. Ciò che serve per il futuro non è il passato è il presente e l’astrazione dell’evento che si opera adesso per il domani.
Sono le astrazioni fatte nel passato che regolano il comportamento presente anche se avessi totalmente obliato gli eventi che le hanno prodotte.
Questo film è stato un vero schifo, del resto perché sono venuto a vedere un film così veloce?

4 gen. R. sta diventando troppo curiosa. Il castello di menzogne che ho costruito per dissimulare la mia “attività” potrebbe incominciare a vacillare.
Sento già il gelo della mia voce mentre le spiego che questo è il nostro incontro di addio. Il mio corpo intanto continua la sua corsa ormai irrefrenabile e lei ora sente solo il fuoco del mio corpo e non ancora il freddo della mio cuore.
Mi mancherà la sua pelle.

19 gen. Com’è andata diversamente la mia vita. Il binario sembrava quello giusto. Ora come lasciarlo?
Tutto avrebbe avuto senso se, ma quel se, in cui credevo, non si è mai realizzato, probabilmente senza che ve ne sia una ragione.
Tutto però continua ormai come se … e non ha senso.

2 feb. “Vedi” mi dice “questo è un tipico equivoco. Il fatto che io cerchi, non dico di mantenere la mia autonomia decisionale, che sarebbe, se non proprio un falso scopo, comunque sicuramente velleitario, ma che io cerchi di mantenere la mia indipendenza di giudizio, nei limiti in cui ciò è possibile, fa sì che io venga tacciato di anticonformismo, mentre in realtà io non ho nessuna difficoltà a conformarmi, purché ciò rispecchi la mia, capisci, la mia autentica volontà”.
Io annuisco, sinceramente concorde, ma al contempo in una piega non troppo remota della mia mente già elaboro una risposta ben differente. “Tutto ciò è marginale, inutili speculazioni filosofiche, la questione rilevante è invece che tu, come me, sei solo in questo bar. E il fatto che tu, diversamente da me, sia giunto qui in numerosa compagnia rende meno amara, ma anche più profonda la tua solitudine. Così ora, con l’ausilio dell’alcol, ti rivolgi ad un perfetto sconosciuto per comunicare. Mentre io, attraverso questa comunicazione truccata, continuo, come sempre, a parlare solo con me stesso”.
Dico invece banalmente: “Hai ragione, chi si oppone per principio a qualcosa ne è schiavo come chi a priori ci si conforma”.
E così proseguiamo la nostra divertente e sterile conversazione, lui si avvicina a me senza mai raggiungermi. E’ solo un dettaglio il fatto che quasi sicuramente non ci rincontreremo mai più.

14 feb. Il gelo della stanza mi incatena a me stesso, irrigidito in tutti i miei vestiti indossati in strati sovrapposti e ancora insufficienti. Per contrastare il freddo dovrei muovermi, ma non riesco a reagire sono come paralizzato. Potrei morire assiderato. E’ una morte dolce.
Ma l’idea della mia morte ormai è comunque sempre dolce.

7 mar. Ferito e sanguinante, in stato confusionale è stato portato via in barella. Tutti attorno sono storditi. Scioccati. Il morto viene chiuso nel suo sacco di plastica. Me ne vado, prima che la polizia inizi a interrogare i testimoni.
Quali imputazioni si ritroverà addosso il ragazzo che stanno portando all’ospedale. Per un gioco, un gioco!
Nella discoteca i ragazzi si lanciavano dal palco sulla folla, non solo lui. Ma lui ha continuato il gioco troppo a lungo, la folla, ormai stanca del gioco si è diradata, poche persone sono rimaste a raccogliere il tuffatore e il cozzare delle teste del tuffatore e del prenditore, lasciato troppo solo, ha messo fine al gioco, a una vita e ne sconvolgerà un’altra.
Perché do tanta importanza alla vita se la mia stessa vita mi pare priva ormai di valore?

16 apr. Una pioggerella leggera porta a terra il fumo acre e l’odore di carne bruciata. Il villaggio è devastato, alcune case sono in fiamme. Su una porta vedo un bimbo inchiodato, crocifisso. Più in là uomini agonizzanti amputati di mani, piedi, occhi e lingua. Il cadavere di una donna gravida sventrata e il feto gettato sulla strada vengono rosicchiati da alcuni cani.
Non solo i cani pasteggiano: in un troguolo si vedono ancora i resti di un cadavere divorato dai porci. Proseguo a camminare lentamente guardandomi intorno. Una donna nuda, raggomitolata, sporca di sangue e scossa da un tremito continuo, fissa nel vuoto. Passo oltre.
Finestre sfondate, pezzi di mobili bruciacchiati in strada. Nessuna pena, cammino indifferente. Poi mi rendo conto che tutto ciò dovrebbe scioccarmi. E’ uno scenario da incubo, come posso essere così freddo e indifferente? La risposta è semplice: sono come loro , come gli assassini. Urlo.
Devo sentirmi tra le vittime o impazzisco, ora che sento pietà devo smettere di guardare o impazzisco.
Mi risveglio coperto di gelido sudore. Avrò urlato veramente?

22 apr. L’auto divora veloce l’asfalto. Attorno all’autostrada a perdita d’occhio la pianura. La mancanza di confini mi dà il senso del vuoto, mi infastidisce. Mi concentro sulle cose più vicine, che scorrono veloci ai lati della strada. Case scrostate, intrichi di cespugli, montagne di residui vegetali, di rifiuti industriali, disordine ovunque. Il sole non riesce ad allietare la scena.
Questa è la dolce campagna di P., che ha ispirato poeti e pittori e ancora richiama turisti da tutto il mondo? E’ evidente che non sono un turista. Forse qui sta l’errore.

27 apr. Il vento soffia da due giorni e due notti. Logora i miei nervi tutta la notte rendendola insonne. Ma al mattino lottare contro il vento è una gioia piccola e profonda. Le sferzate dell’aria sono carezze per il mio spirito rattrappito.
Nel vento passano mulinelli di foglie, di carta, di polvere. Passano e spariscono.
Anche il vento della mia vita passa e non lascia frutti che io possa raccogliere.

24 mag. Mi piace camminare nei boschi da solo. Non è difficile ritrovarmi solo. Non è difficile trovare un bosco. Il contatto con la natura ha un effetto rasserenante su chiunque. Milioni di anni di evoluzione non si cancellano in poche generazioni. Ma il senso di pace deriva dalla familiarità ancestrale o dalla consapevolezza della propria forza?
Immagino il bosco popolato da belve reali e immaginarie, da spiriti e da forze sovrumane, attingendo alle mitologie dei popoli e alla mia personale fantasia. Così poteva essere popolato il bosco per un primitivo.
Se lascio spazio alla mia fantasia io stesso vengo preso dall’angoscia. Ogni fruscio, ogni ombra è un segnale di pericolo, nasconde una creatura misteriosa e pericolosa, pronta a ghermirmi con ferocia. Dietro ogni pianta la minaccia è in agguato.
Basta, basta! Non sono più un bambino, la fantasia e la realtà non possono confondersi così a lungo.
E’ lunga una vita umana?

12 giu. La valle è stretta, le aspre pareti rocciosi scendono a picco, interrotte da piccole balze erbose. La montagna è come un muro, enorme. Di una prigione enorme. Ma pur sempre una prigione, che mi opprime e da cui vorrei fuggire. Quanta roccia da scavare per evadere, quanta roccia dura. Cosa ci sarà nel cuore del monte. Forse un dio è nascosto nel monte e dorme.
E il mondo prosegue, abbandonato dal suo creatore addormentato, correndo come un cavallo imbizzarrito. E io non sono neppure il cavaliere, ferito trascinato dal cavallo, ma solo un finimento, una briglia ormai lacera.
Il sentiero si restringe, diventa più ripido, ecco l’arco di pietra. Tra poco troverò il mio contatto, non c’è più tempo per i giochi della mente.
La missione arriva al suo momento culminante, dormi dentro alla roccia ancor per un po’ dio del monte, dormi e non guardare da questa parte!

26 giu. M. è scomparsa. Ieri ho suonato a casa sua, senza prima controllare il nome sul campanello, e mi ha aperto uno sconosciuto. Ho chiesto di lei. Mi ha detto che non abita, lì. L’uomo mi ha spiegato che lui si è appena trasferito. Ho controllato il campanello, quando ormai non aveva più senso, il suo nome non c’era più. Ho chiesto scusa.
Ho bussato alla porta accanto. Non sanno nulla di lei. E’ scomparsa improvvisamente verso la fine di febbraio. Mi hanno dato il nome dell’amministratore del palazzo.
Ho telefonato, tramite lui ho poi parlato anche con il padrone dell’appartamento. Sanno solo che si è trasferita in un'altra città.
Non posso indagare oltre, mi farei notare. Se ne è andata per sempre.
Ho pianto in silenzio.

8 lug. Questo caldo mi assale alla gola come un verme sanguinolento e mi toglie il respiro, mi succhia l’energia, mi svuota di me stesso riducendomi ad una larva senza volontà. Non a caso il risultato finale dell’entropia sarà questo: calore. Ma prima che tutto si riduca a radiazione termica di fondo, quanto disfacimento, quanta morte dentro la vita!

18 lug. La puzza dei gas di scarico delle macchine si mescola con quello dei cassoni dei rifiuti, straripanti di immondizia e con mille altri odori chimici e umani. La gente cammina in fretta, si sfiora evitando quasi miracolosamente di scontrarsi nella confusione dei marciapiedi affollati.
Macchine e camion ruggiscono e d’improvviso esplodono in laceranti urla di clacson. Il formicaio umano si muove spasmodicamente, privo di una coscienza unitaria.
Anche le mie gambe partecipano dell’agitazione collettiva e portano rapidamente il mio corpo a serpeggiare tra i corpi, senza partecipazione della mia volontà.
E’ ora di rientrare, dove sarò?

28 lug. Oggi sono rimasto tutto il giorno chiuso in questa camera, eccezion fatta per i 4 metri di corridoio che la separano dal bagno e per il bagno stesso. Ho mangiato un panino semi rinsecchito con il salame che iniziava a irrancidire e un paio di sandwitch uno alla salsa di pollo e uno ai funghi e formaggio.
Per lo più sono rimasto sdraiato sul letto a guardare e riguardare ossessivamente le pareti spoglie della stanza, la plafoniera giallastra il piccolo armadio impiallacciato. Chiudendo gli occhi a sera potevo ripercorre nella mia mente ogni centimetro senza perdere neppure un dettaglio: ogni graffio ogni bitorzolo dell'intonaco, ogni nodo ogni scrostatura … e fuori dalla finestra ogni ciuffo d'erba tra le fughe dei piastrelloni di cemento nello squallido cortiletto ingombro di cassette di legno vuote e imbevute d'acqua … i tetti  neri…
Quando mi sono accorto di quanto totale fosse la mia volontaria prigionia giacché neppure chiudendo gli occhi riuscivo ad abbandonare la mia cella ho deciso di evadere.
Mi sono inerpicato … nuotato … corso … contemplato cupole.
Alla fine riaprendo gli occhi mi sono sentito a casa.

29 lug. Un po’ di musica è quel che ci vuole.
Nella musica la mia mente si perde, dimentica di tutto, diventa puro suono tra i suoni. Spazio vuoto attraversato da onde di melodie e fili di ritmo.
Ma dalla pace all’alienazione il passo è breve. Quando mi ridesto sprofondo ancora nei miei pensieri di fronte ai quali la magia della musica diventa uno sfondo amorfo se non un disturbo.
Silenzio! Potessi comandare il silenzio alla mia anima!

4 ago. ore 2:45 a.m. Ora ne sono certo, la causa è sbagliata. Non so ancora se lo sia diventata o se lo sia sempre stata. Dovrò rifletterci. Avrò tempo di farlo. Se avrò tempo!
Non è più imprudente scriverlo, poiché già domani mattina sparirò per sempre. Tutto mi è ormai indifferente, anche la vita. Salverò con questa decisione, con questa diserzione, almeno la mia anima?
Se dovessero trovarmi per me sarebbe la fine. E per quale arcano sortilegio mi sono cacciato in questo buco, dove non ho alcuna via di fuga?
Rumori sulle scale …

domenica 28 agosto 2011

SANA E BELLA



L'aveva fatto! Ora finalmente la sua vita poteva essere perfetta. Non avrebbe più dovuto sopportare le sue obese colleghe e gli altrettanto grassi colleghi. Né il suo capo, né i clienti. Tutti della stessa razza, tutti ugualmente privi di volontà, stupidi e ciccioni. Sì, si era finalmente licenziata. Del resto non aveva veramente più bisogno di lavorare. La sua vita era semplice, essenziale. Con i soldi risparmiati aveva acceso un libretto di risparmio a tasso variabile, i cui interessi gli bastavano ampiamente a coprire tutte le sue spese ordinarie. E se un domani le cose avessero cominciato ad andare un po' meno bene, magari con qualche grossa spesa imprevista da affrontare, avrebbe sempre potuto cominciare ad erodere pian piano il capitale, senza nemmeno dover tornare a lavorare, che era naturalmente, seppur come estrema ratio, una possibilità. Inoltre una volta raggiunta l'età minima, avrebbe cominciato a percepire una seppur modesta pensione. Infine si era tenuta da parte un gruzzoletto da investire in azioni. Se e fintanto che le cose fossero andate bene d lì avrebbe recuperato i soldi necessari per qualche bel viaggetto culturale. Le bastava una vacanza ogni 3 o 4 anni.
Aveva una casa di proprietà. Una bella casa singola con un ampio giardino ereditata dai genitori. Le spese erano minime. Corrente elettrica ne usava già pochissima ed ora che non lavorava più poteva, come già avrebbe voluto fare prima, svegliarsi col sole e andare a dormire al tramonto, secondo i ritmi della natura. La TV l'aveva eliminata da tempo, era inutile e noiosa, ma soprattutto rendeva pigri. Cosa assolutamente deleteria per la salute. Lo stesso dicasi per lavatrice, lavastoviglie, aspirapolvere. Tutte macchine che impediscono di fare un po' di salutare movimento. Meglio fare tutto a mano. I fornelli non li usava e aveva staccato pure il frigorifero. Mangiava solo un frutto, ovviamente biologico e di stagione, e 2 o3 yogurt alla settimana. Yogurt che consumava sempre subito, appena portato a casa. Da primavera fino all'autunno consumava inoltre i prodotti del suo orticello: carote, radicchio, insalata, pomodori, cavoletti di Bruxelles, fragole. Tutto crudo e condito con sale, pepe e un goccio di aceto, a parte le fragole. Aveva anche 2 meli un albero di cachi e un susino che le facevano risparmiare l'acquisto della frutta per circa una metà dell'anno. D'inverno comprava qualche verdura ed inoltre integrava l'alimentazione bevendo succhi di frutta. A parte la cura dell'orto e del giardino e la pulizia, minuziosa, della casa il suo principale passatempo era fare lunghe passeggiate a passo veloce. Non praticava sport, non andava al mare né in montagna, né al cinema, non comprava libri né riviste. Prendeva però in prestito dei libri alla biblioteca comunale con una certa regolarità pur non essendo un a gran lettrice. Non le piaceva stare ferma, se non per dormire.
Vestiva in modo semplice e non badava minimamente alla moda. Rifuggiva ogni contatto sociale e dunque non si curava gran che del suo aspetto, se non per la linea e la pulizia personale. Anche per quella prediligeva prodotti naturali, in sostanza usava quasi solo il sapone. Aveva una gran specchiera in cui amava rimirare il suo corpo asciutto e completamente privo di grasso. Ora che si era affrancata dalla schiavitù dell'ufficio, che la costringeva all'immobilità sulla scrivania, davanti a quell'insulso computer, poteva fare molto più moto e la sua figura ne avrebbe ulteriormente guadagnato.
Anche il riscaldamento era perennemente spento, per scaldarsi non aveva che da fare ginnastica.
Data l'alimentazione sana e le lunghe ore all'aria aperta tra passeggiate e giardino, dunque sempre con una leggera, ma continua e tonificante attività fisica, la sua salute era di ferro e così non aveva spese di medicinali.
I denti al contrario erano andati, ma li aveva reimpiantati. Neppure gli assorbenti costituivano una voce di spesa perché l'amenorrea era oramai più che decennale.
Era aprile. L'aprile di un anno mite. Ciò favorì le sue attività e le fece gustare appieno la libertà che si era appena conquistata. Maggio e giugno passarono in fretta. Quando si è felici il tempo corre. Luglio fu molto piovoso, ma la circostanza non incise per nulla sulle sue camminate, solo ridusse il tempo dedicato al giardino e all'orto. Lesse un po' di più e fece qualche giro per i negozi. Solo per guardare. Mescolarsi all'umanità deforme le dava un po' di fastidio, ma le dava anche un sottile piacere nel farle toccare con mano la sua superiorità e la rafforzava nella convinzione che il suo fosse lo stile di vita più consono ad un essere evoluto.
Si sentiva un asceta, una monaca zen insensibile ai richiami illusori del mondo e soprattutto a quello più infido, la sirena del cibo.
In un ristorante o in una pizzeria, un fast-food o in qualsiasi negozio di alimentari, eccezion fatta per la botteguccia del suo fruttivendolo, dove comprava quel poco di frutta e verdura, yogurt e succhi di frutta, no, lì non poteva proprio entrare. Quelli erano gli avamposti del male, che aveva ormai conquistato quasi l'intera umanità, era terra maledetta, su cui non posare il piede.
Agosto, con le giornate che si accorciavano, le portò un po' di malinconia. Inoltre dovette rallentare un po' le sue uscite podistiche. Fino ad allora il capogiro che la prendeva al ritorno era stato parte integrante della gioia del camminare, una sorte di ebbrezza finale, prima di tracannare avidamente qualche litro di acqua, lavarsi e, dopo la camminata serale, andare a dormire sognando ancora di camminare e camminare. Ora però i giramenti di testa la prendevano anche lungo la strada costringendola a qualche sosta. Presto imparò a sfruttare queste interruzioni forzate per meditare e così, perdendo la percezione del tempo, le fermate si allungavano a dismisura.
In settembre cominciò a sentirsi un po' debole e accorciò i percorsi consueti, ma non diede peso alla cosa, vi ci si adattò senza nemmeno domandarsene le ragioni.
Ad ottobre iniziò ad uscire meno frequentemente, a novembre di rado.
A gennaio il fruttivendolo cominciò a chiedersi dove fosse sparita quella sua cliente scheletrica e taciturna, ma regolarissima nei suoi piccoli acquisti.
A febbraio la trovarono praticamente mummificata. Era crollata al suolo in mezzo alla stanza con la finestra aperta e la temperatura era così rimasta sempre sotto lo zero.
Tra la pelle e le ossa non c'era poi più carne cosicché la pelle si era seccata e aveva aderito alle ossa.
Tutti quella che la videro, poliziotti, becchini l'anatompatologo, pur essendo abituati a vedere di tutto, ebbero qualche difficoltà a dormire dopo averla contemplata, cosa che del resto succedeva già a taluni di quelli che la incontravano durante le sue ultime passeggiate. Solo lei si era vista, fino all'ultimo, bella. Bella e magra. Ma si sa, la perfezione è metastabile e non può durare a lungo. La notizia del ritrovamento della sua mummia occupò uno scarno trafiletto sul giornale locale e finì poi su un sito web pro-anoressia, dove le consorelle anoressiche magnificarono la mancata decomposizione del suo cadavere come una sorta di prova di santità, di perfezione e di estrema salute fin oltre la morte.

lunedì 22 agosto 2011

IL VIAGGIO

L’anima tremava, ritta davanti al Trono, nel giorno del Giudizio.
Dio apri il Libro e cominciò il Giudizio parlando con voce di tuono:
Io sono il Signore, il tuo Dio.
L’anima sentiva il fuoco e la spada del giudizio puntati su di lei, senza scampo, perché il giudizio di Dio era giusto e tutte le colpe che stavano per esserle imputate erano vere.
Non avere altri dèi oltre a me.
E l’anima si vide prostrata davanti ai potenti, si vide, dimentica dello scudo di Dio, confidare in sé stessa, confidare nell’uomo e maledisse i suoi giorni sterili.
Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano.
E l’anima risentì le accuse pronunciate dalle sue stesse labbre verso la sorte che Dio le aveva dato di fronte ai giorni amari e senza luce che l’avevano presa nel loro laccio.
Osserva il giorno del riposo per santificarlo, come il Signore, il tuo Dio, ti ha comandato.”
E i sabati piene di angustie terrene passarono come greggi numerose davanti all’anima, accusandola di tutta quell’attività empia, lontano dal sentiero luminoso della legge di Dio.
E il suono del corno fece tremare il cielo.
Onora tuo padre e tua madre.
E lacrime copiose sgorgarono dai suoi occhi, mentre l’anima vedeva la durezza con cui aveva trattato i suoi genitori, fin dai primi anni pieni dell’egoismo infantile e poi la ribellione alimentata dalla presunzione giovanile e via via fino al disprezzo per dei poveri vecchi ormai bisognosi di tutto e così ingratamente trascurati per seguire le vanità del mondo.
Non uccidere.
E una folla di bimbi morti di fame e di sete in tutto il mondo e per lunghi decenni, anche dopo la fine della sua vita, si affollorono mostrando all’anima il frutto dello sperpero inutile delle risorse naturali che essa aveva perpetrato, per brama di comodità e smodato edonismo.
Non commettere adulterio.
Nel corpo era innocente, ma nel cuore? Da quanti adulteri si era salvata senza merito, solo perché le circostanza non erano state conformi ai turpi desideri del suo spirito corrotto dai sensi? E l’anima si piegava sempre più sotto il peso delle colpe.
Non rubare.
E le piccole frodi ai danni del suo prossimo divennero macigni sul suo cuore e costruirono un muro possente tra l’anima e il volto di Dio.
Non attestare il falso contro il tuo prossimo.
Ora solo ora, vedeva la verità, ma avrebbe potuto vederla anche allora, se essa non le fosse stata così sfavorevole, se solo il suo cuore fosse stato retto e giusto. E l'evidenza dell'indegnità di fronte a Dio la portava a desiderare di fuggire lontano.
Non desiderare la moglie del tuo prossimo; non bramare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo.
Di fronte a nessuno dei comandamenti l’anima poteva dirsi innocente e la disperazione più cupa la pervadeva mentre il suono del corno annunciava la fine della seconda ora del giorno.
Misericordia voglio non sacrifici.
E le elemosina date ai mendicanti sulla strada di casa, apparvero chiaramente come colpe, poiché non avevano altro scopo che quello di tacitare la coscienza tenendo il cuore lontano dai bisognosi.
E tutte le omissioni, i pensieri perversi, ogni istante che aveva trascorso dimentica di Dio o senza fiducia nel suo potere e nelle sue promesse scorrevano davanti all’anima tormentandola.
L’angoscia dell’anima cresceva senza fine e l’anima stava per supplicare il Giudice di emettere la condanna, per quanto spietata dovesse essere, ma di liberarla dal giudizio.
In quel mentre suonò per la terza volta il corno.
Dio allora soffiò sull’anima ed ella si sentì subito purificata.
Ecco io faccio di te una cosa nuova, io ti purifico con issopo, e ora sei pura e più bianca della neve.
Dio soffiò anche sul libro e tutte le colpe dell’anima vi furono cancellate e da ogni azione e pensiero malvagio dell’anima si rivelarono conseguenze buone per l’anima stessa e per il mondo intero. Così Dio infatti trae misteriosamente il bene dal male.
I miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie, come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri.
Questo fu il Giudizio di Dio, quindi il Signore si alzò, prese l’anima per mano e la condusse al trono di misericordia. Fece sedere l’anima sul trono e si accomodò ai suoi piedi. L’anima vide allora tutte le sue sofferenze i dolori e i patimenti della sua vita terrena e il Signore la consolava parlando con voce dolce e soave, come brezza di primavera.
Non temere, io sono il tuo scudo e rendo l’amaro della tua bocca dolce come il miele
L’anima vide quindi le sue buone azioni e le trombe degli angeli suonavano acclamando mentre il Signore le sorrideva.
Vide persone consolate, aiutate spiritualmente e materialmente, vide i figli cresciuti nel timore del Signore.
Poi il Signore disse all’anima:
Questa che hai visto sarà la tua vita, se scenderai sulla Terra, e così anche per mezzo tuo, si compirà il mio disegno nella storia dell’uomo. Accetti di andare? Io sarò sempre con te e sarò pronto a riaccoglierti con gioia al tuo ritorno. Vuoi dunque andare?”
Sì, disse l’anima”
Allora il Signore disse:
Questo è il tuo nome
E con il dito scrisse nel cielo il nome dell’anima.
L’anima contemplò il proprio nome e mentre guardava si addormentò.
L’anima si risvegliò lentamente, smemorata e confusa. Attorno a lei cresceva qualcosa, che era parte di lei. E tutt’intorno vi era qualcos’altro, un liquido, e poi un battito e …
Dov’era? Chi era? L’anima cercava di ricordare, con chi stava parlando? E di cosa? E quand’era? Più sforzava di ricordare più il ricordo si confondeva.
Poi l’anima, emise un sospiro di nostalgia, e si concentrò su questa strana materia che le cresceva intorno. Qualcosa l’aspettava, lo sentiva, un compito arduo, doveva prepararsi.
Poco dopo, nove mesi dopo, l’anima già padrona del corpo in cui si era incarnata, con un robusto vagito cominciava a respirare nel mondo mentre delle voci amiche chiamavano il suo nome.