domenica 24 marzo 2019

UNA NUOVA ERA

"Non vogliamo entrare in un nuovo stato, ma in una nuova era", così Charles Puidgemont, presidente in esilio della Catalogna, convinto europeista, che ha capito che l'Unione Europea si salva solo uscendo definitivamente dalla trappola nazionalistica per rifondarsi su base localistica e democratica.
Per chi teme la secessione dei ricchi dai poveri, vale per la Spagna, ma anche per l'Italia giova ricordare che la Germania federalista, con ampie autonomie anche fiscali dei Laender ha ridotto del 30% il divario tra Est ed Ovest in un decennio dalla riunificazione mentre nello stesso periodo il divario tra Sud e Nord nell'Italia centralista cresceva di quasi il 20%. Di fatto dall'Unità ad oggi le cose per il Sud sono andate sempre peggiorando rispetto al Nord segno evidente che i trasferimenti che gravano sui cittadini del Nord, e oggi nella congiuntura mondiale rischiano di affossarlo, non aiutano lo sviluppo del Sud, ma ne perpetuano l'arretratezza.
Del resto perché anche il Sud si affida oggi al Padano Salvini? Il problema è se la necessaria autonomia del Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna andrà veramente avanti e si concretizzerà rapidamente in una cosa seria o sarà la solita truffa gattopardesca, che aiuterà solo i cinesi a fare un solo boccone di un'Italia troppo divisa dall'Europa e troppo schiacciata dall'inefficienza centralista romana..
http://debolisegnali.altervista.org/Manifesto_eu7dot0.html




domenica 3 marzo 2019

MANIFESTO PER UN EUROPA CONFEDERALE CANTONALE

IL CONTESTO

Il quadro ormai consolidato della situazione planetaria nel secondo decennio del XXI secolo mostra tre ordini di problemi, che è necessario affrontare con urgenza e radicalità. In primo luogo il problema ambientale che riguarda la biodiversità, il riscaldamento globale e l'esaurimento delle risorse fossili.
Il patrimonio di specie si sta drammaticamente riducendo, in particolare negli habitat più ricchi, le foreste pluviali e gli oceani. Le conseguenze sono la fragilità di interi ecosistemi che rischiano di non riuscire più a trovare punti di equilibrio e di andare dunque integralmente perduti, la perdita di future risorse farmaceutiche in larga parte ancora da scoprire e la perdita di specie importanti dal punto di vista alimentare. La stessa biodiversità coltivata per la diffusione di sementi selezionate versa in grave pericolo; secoli di attenta selezione negli ambienti più disparati e dunque idonei a situazioni climatiche differenti sono ormai andati persi e ciò che resta è nelle mani di pochi contadini, che vengono per lo più considerati arretrati. A fronte dei sistemi di coltivazioni cosiddetti avanzati la fertilità dei suoli è quasi ovunque a livelli che rasentano la sterilità. Il patrimonio ittico depauperato dalla pesca industriale e dallo spaventoso inquinamento delle acque con i residui dispersi delle materie plastiche è largamente compromesso. Il cambiamento climatico, al di là della sua controversa origine, sfida ulteriormente il futuro dell'agricoltura e la vita degli oceani in particolare nelle barriere coralline. La crescente coscienza dell'intrinseca connessione tra tutti gli esseri viventi, che formano il complesso ecosistema terrestre, rischia di essere tardiva per salvare il mondo così come lo conosciamo.
Di rilievo meramente antropico, ma dagli effetti certamente pesanti per l'organizzazione economico-sociale, è l'esaurirsi o quantomeno l'accresciuta difficoltà di estrazione di molte risorse fossili dal petrolio, al carbone, all'uranio a molti altri metalli di uso industriale.
Tutti questi mutamenti in atto hanno un forte impatto sul secondo elemento di crisi che è rilevabile sul piano della coesione sociale.
Gli equilibri sociali su cui si basa la pacifica convivenza del genere umana vivono una fase estremamente delicata, come testimoniano i molti conflitti in un epoca in cui dovrebbe essere ormai universalmente assodata la convenienza e la fattibilità di soluzioni negoziali.
Alla base di tale instabilità vi è la crescente diseguaglianza nella distribuzione delle risorse, sia tra le nazioni, sia tra gli individui all'intero dei singoli paesi.
La quantità di beni in possesso di una piccolissima percentuale della popolazione è talmente spropositata da lasciare allibiti e far temere l'aprirsi di conflitti sanguinosissimi.
Il terzo grande campo di crisi è quello culturale.
Le grandi ideologie dell'epoca moderna che erano state una forza propulsiva in grado di guidare l'evoluzione sociale e di cementare segmenti di società nei secoli appena trascorsi sono ormai relegate a piccole nicchie mentre le religioni segnano il passo, se non per l'affievolimento del sentimento religioso, per la perdita della loro funzione di coesione sociale sia per effetto della frammentazione delle fedi - dovuta da un lato alle migrazione dall'altro all'apertura alle esperienze di culture lontane – sia per la marginalizzazione del loro ruolo morale rispetto alle pratiche di vita ormai individualizzate.
Il nuovo collante globale è costituito dal consumismo che spinge ad un appiattimento dei gusti e dei valori conforme all'offerta industriale, ad un consumo acritico ed emozionale ad una insoddisfazione permanente dell'essere umano da colmare con sempre nuovi e sempre più effimeri desideri da bruciare in un orgia parossistica di acquisti compulsivi.
Le nuove tecnologie se da un lato offrono molte opportunità di scambio culturale, di potenziale acceso alle informazioni, di cure mediche, di nuovi e più efficienti sistemi di produzione sul piano gnoseologico creano una serie di problemi dall'eccesso di informazioni, all'aumento della complessità tecnologica, allo sincoparsi dei tempi in tutte le forme di comunicazione rendendo difficoltoso qualsiasi approfondimento e ancor più una coerente ed esaustiva visione complessiva, compito imprescindibile, insieme alla capacità di mediazione, della politica.
La globalizzazione economica, che avvantaggia soprattutto pochi grandi gruppi industriali e finanziari, segna grossi ritardi sul piano dei diritti politici, sindacali e civili, mentre la corsa alla crescita illimitata appare sempre più irrealizzabile, inutile per il benessere umana e deleteria per il pianeta.

L'EUROPA OGGI

In questo conteso si inserisce la crisi politica europea che nasce però, oltre che dalla crisi di idealità, dalla inadeguatezza della classe politica e dalle tensioni economico-sociali, anche da un mancato riconoscimento, o quantomeno da una sottostima, dei risultati ottenuti grazie al cammino di integrazione fin qui compiuto che ha garantito pace, benessere economico, facilità negli scambi economici e culturali finanche alla nascita di una identità comune (perlomeno nelle fasce più colte delle nuove generazioni), lo smorzamento dei conflitti interni nazionali grazie al capro espiatorio europeo (a tutto vantaggio della classe politica).
Gli aspetti negativi dell'integrazione appaiono per lo più legati alla sua incompiutezza: mancata gestione dei flussi migratori più poveri, sperequazioni fiscali, nei servizi sociali e normative, deficit democratico. Appaiono particolarmente limitanti la mancata integrazione delle politiche estera e di difesa e addirittura incredibile, a fronte della moneta unica, quella dei sistemi bancari.
Il deficit democratico non riguarda solo il parlamento europeo, la commissione o la banca centrale, ma è ravvisabile nella rappresentanza delle comunità locali, lacunosa già a livello nazionale e regionale e in alcuni Stati, vedi l'Italia e le sue Provincie, in ulteriore smantellamento.

L'EUROPA DOMANI

Per contrastare il processo di disgregazione che, a partire dalla Brexit, cerca in modo paradossale di ovviare ai difetti delle istituzioni e dell'organizzazione dell'Unione tornando ad un insano e inconcludente nazionalismo e per rivitalizzare invece il progetto originario rafforzando la coesione interna è necessario da subito lavorare alle seguenti riforme:
1) quella delle Istituzioni Europee, rendendo la Commissione un autentico Governo Europeo che risponda al Parlamento che la elegge e depotenziando il Consiglio dei Ministri fino ad eliminarlo;
2) operare una duplice devoluzione di competenze:
a) dai governi nazionali al governo europeo, per quello che riguarda esteri, difesa, tesoro ed alcune competenze di politica interna ed economica e
b) dai governi nazionali agli enti locali, ad esempio per l'Italia fino al livello provinciale, per alcune competenze di polita interna ed economica, agricoltura, sanità, istruzione.
3) uniformare e informatizzare i sistemi burocratici semplificando gli oneri e gli obblighi per cittadini e imprese.
Il punto di arrivo dovrebbe essere una confederazione di piccoli cantoni sul modello elvetico (es. le provincie italiane), con il livello nazionale ridotto ad assemblee regionali in cui i rappresentanti dei cantoni si confrontano con il ministero degli affari regionali del governo europeo.
Centrali nella politica sia confederale sia dei cantoni dovranno essere l'istruzione, l'alimentazione e l'agricoltura, l'ambiente, i diritti civili a partire dal diritto alla conoscenza.

CONCLUSIONI

Il percorso verosimilmente percorribile sarà quello di realizzare tra il massimo numero possibile di paesi aderenti sia alla moneta unica sia al libero transito di merci e persone, e quantomeno tra i paesi fondatori, un'autentica federazione di stati (Stati Uniti di Europa), che verrà gradualmente trasformata in Confederazione Cantonale. L'Unione potrà continuare inizialmente a sussistere per portare alla successiva integrazione di altre nazioni o alla formazione di forti relazioni bilaterali tra Confederazione Europea e Stati Nazionali.
Giacché è il linguaggio a consentire il pensiero ed il pensiero a plasmare la realtà non è possibile concludere senza citare il problema linguistico. Ogni cantone europeo avrà il compito di promuovere e tutelare tutte le culture presenti nel suo territorio, in particolare quelle autoctone, mentre a livello confederale sarà opportuno adottare una unica lingua comune, che potrebbe essere l'euro-english, sganciandolo quanto prima possibile dall'inglese britannico, o potrebbe essere l'Esperanto, Le esperienze israeliane e irlandese insegnano che una lingua può diventare viva nell'arco di 2 generazioni per scelta delle scuole e delle istituzioni. Questa seconda soluzione appare la più favorevole.

Sedico, 25/09/2017
Gerhard Kuehl