domenica 21 novembre 2021

L'indisponibilità della vita

 La notizia che il papa emerito Gregorio XVI ha espresso il desiderio di  raggiungere presto i suoi amici che lo hanno lasciato, non ha fatto molto rumore, ma è significativa.

Come lo è stato a sua tempo il rifiuto dell'accanimento terapeutico da parte di papa Giovanni Paolo II.

Ma per la dottrina cattolica l'indisponibilità della propria vita è ancora un dogma e il parlamento italiano per ragioni che ormai si stentano a capire è completamente prono a tale dottrina, che filosofia e persino teologia moderna tendono largamente a superare.

Non ogni progresso è necessariamente positivo, ma in questo caso parliamo di libertà dell'individuo e di responsabilità sociale, principi che oggi non dovrebbe essere difficile coniugare assieme.

Ho sempre pensato alla vita dono di Dio indisponibile come ad un concetto contraddittorio.

Ma se ti dono un piatto di minestra, la minestra è tua e dunque sarai libero di mangiarla subito, di metterla in frigo e mangiarla nel momento in cui hai fame o di buttarla via se, accidentalmente, te la dimenticassi in frigo e andasse a male. Se invece ti imponessi io quando mangiarla non sarebbe più un dono, ma un'imposizione.

"Il detestabile dono della vita" lo chiama Marilena Renda in Le madri.

E succede così; mio figlio che è solito passare ore e ore in camera sua nel periodo in cui è stato in isolamento fiduciario in attesa di tampone non riusciva quasi più a starci. La casa è dolce fintanto che non sei agli arresti domiciliari.

"La morte si sconta vivendo" scrive Ungaretti in "Sono una creatura" e  queste poche parole risplendono come una perla di tutta la letteratura di tutti i tempi.

Il villaggio senza nome ai piedi del monte Narayama in cui viveva la vecchia Orin del libro di Schichiro Fukazawa "Le canzoni di Narayama" è la rappresentazione di una società misera e crudele che non dovrà tornare mai più (speriamo!), ma la dignità della protagonista e la sua ansia di approdare alla morte prescritta è molto educativa.

La morte può essere un porto sicuro ed è giusto in quel caso consentirne l'approdo come in fondo dice anche Don Ettore Cannavera il cui intervento al congresso dell'Associazione Luca Coscioni consiglio a tutti di ascoltare.


domenica 14 novembre 2021

Tu

 

Tu Amico Mio

Tu che copiavi i compiti per casa dal mio quaderno, Tu che flirtavi con tutte le mie amiche, ma mi tenevi sempre ben lontano dalle ragazze che ti interessavano, Tu che ancora oggi se sei con certe persone fingi di non vedermi, Tu che sei stato ormai in tutto il mondo, senza mai vedere niente che non stia su una cartolina, senza mai assaggiare un cibo locale, senza mai imparare una parola della lingua del posto, Tu che ami riempirti di oggetti, mentre io cerco gli spazi vuoti, Tu che parli, parli e non dici niente e non capisci le mie nuove manie, come Tu chiami, la mia ricerca di ascesi. Tu che però mi cerchi sempre e mi dici cose gentili e chiedi e ascolti con attenzione i miei consigli anche se poi non li segui mai soprattutto per quanto riguarda le tue bulimie: l'alimentazione, il bere, il fumare, le relazioni sentimentali. Tu che non metti mai in dubbio la nostra amicizia anche se ormai forse è solo il passato a legarci. Tu lo so sarai sempre: amico mio.


Tu Madre Mia

Tu che hai sempre voluto il meglio per me, senza accorgerti che il meglio è spesso nemico del bene. Tu che ormai non capisci molte cose di questo mondo, ma me in verità non mi hai mai capito, ma spesso è stato meglio così. Tu che io dovrei ringraziare per avermi messo al mondo, forse dovrei proprio, ma anche no! Mamma!


Tu Figlio Mio

Tu che mi tratti come un vecchio rincoglionito e non ti prendi nemmeno la briga di contestarmi, mi ignori semplicemente e vieni a cercarmi solo quando hai bisogno di me, Tu che però lo vedo mi vuoi bene anche se, almeno al momento, non sei disposto a fare nulla per me. Tu che non sei e non sarai mai il futuro che io desideravo, ma spero nemmeno l'incubo che io ho saputo schivare, almeno in parte. Tu sei così lontano da me idealmente e forse lo sarai in breve anche fisicamente, ma sarai sempre ingombrante nel mio cuore, figlio mio.


Tu Amore Mio

Tu che ostacoli ogni mio tentativo di scambiare due parole con te, perché sei troppo stanca, perché non ne hai voglia, perché non è il momento, perché non hai tempo, perché hai altro per la testa o solo no, lasciami in pace, non parlarmi, stai zitto, taci, vattene. Tu che però se smetto di cercare di parlarti mi accusi di non comunicare, di distruggerti con i miei silenzi, di non considerarti. Tu che quando parli con me cerchi sempre la scusa per litigare per potermi insultare liberamente. Tu che mi conosci fin troppo bene e usi tutte le mie paure per torturarmi. Mi esponi ai miei incubi senza pietà e me ne fai nascere sempre di nuovi. Mi hai costretto in spazi angusti per godere della mia claustrofobia, portato in alto per rimirare le mie vertigini, spinto all'aperto per consolidare la mia agorafobia, messo in ammollo per far esplodere l'idrofobia. Mi togli tutto ciò che amo: cibi, bevande, oggetti, abitudini. Credo davvero che tu mi odi e che solo per questo resti con me, perché lo scopo della tua vita è diventato farmi soffrire. La mia sofferenza è ormai il tuo unico vero interesse e piacere. Per questo so che hai bisogno di me, per questo continuo a restare con te, amore mio.


Tu Che Mi Guardi Dallo Specchio

Tu che ogni mattina ed ogni sera mi guardi da dietro il vetro nello specchio del bagno e mi vedi invecchiare giorno dopo giorno con compiacimento ed angoscia. Tu che nascondi a te stesso i tuoi stessi pensieri perché ti ripugnano e ti terrorizzano. Tu che non mi sopporti più e forse non mi hai mai sopportato, ma di anno in anno hai accumulato nuove ragioni di odio per la mia inconcludenza, per le mie indecisioni, per le mie bassezze. Tu che dimentichi i miei successi, ma tieni sempre lì pronti da rimirare i miei peccati e rigurgiti tutte le mie sofferenze per farmele ruminare sempre. L'unica tua possibile salvezza è divenire cieco perché io non intendo andarmene, anche se forse in fondo lo desidero, lo desidero tanto.

domenica 7 novembre 2021

Mai più in bianco

 

Il giorno si avvicina, tra poco, con l'approvazione e l'entrata in vigore della legge Zan si cuccherà sempre. Come? Basterà seguire queste quattro semplici mosse.

Per prima cosa tu ragazzo a cui piace una ragazza (può capitare) ti dichiarerai donna o tu ragazza a cui piace un ragazzo (anche questo può capitare) ti dichiarerai uomo.

Seconda mossa: tu ragazzo che ti sei dichiarato donna farai outing rivelando di essere lesbica o tu ragazza che ti sei dichiarata uomo farai outing rivelando di essere gay.

A questo punto (terza mossa) tu ragazzo che ti sei dichiarato donna e poi lesbica farai la tua proposta diretta ed esplicita a lei o tu ragazza che ti sei dichiarata uomo e gay farai la tua proposta diretta ed esplicita a lui.

E qui scatta lo scacco al re (e questo vale sia per lei sia per lui perché gli scacchi sono un gioco palesemente anti-gender e discriminante, ma al momento nessuna legge è ancora intervenuta a porre riparo a tale indecenza, nonostante le possibilità di scacchi transgender siano molto interessanti) poiché se lei dice di sì a te ragazzo/donna/lesbica o lui dice di sì a te ragazza/uomo/gay la partita è vinta e buon divertimento, ma se dice di no la quarta mossa è fare immediata rimostranza conto l'atteggiamento discriminante anti-lesbo di lei verso di te ragazzo/donna/lesbica o anti gay di lui verso di te donna/uomo/gay. Così prima di incorrere nelle pene previste dalla legge Zan e finire in carcere, solo per non concedere una scopata, lei o lui caleranno le brache, letteralmente, e acconsentiranno alle tue advances e il salmo finisce in gloria, grazie a Zan (e qui ci starebbe uno stacchetto musicale doppiamente allusivo tipo zan zan).

In verità potrebbe insorgere una complicazione infatti se a te ragazzo che ti dichiari donna lei rispondesse dichiarandosi uomo o a te ragazza che ti dichiari uomo lui rispondesse dichiarandosi donna la seconda mossa risulterebbe controproducente, perché se lei ora è un lui tu uomo/donna dichiarandoti lesbica dovresti perder interesse per lei/lui o tu ragazza/uomo dichiarandoti uomo dovresti perdere interesse per lui che ora è una lei e non puoi neppure passare direttamente alla terza mossa giacché ciò renderebbe inapplicabile la quarta mossa, data che in un normale rapporto etero non c'è discriminazione gender (e questo vale sempre sia per te ragazzo/donna con lei/lui sia per te ragazza/uomo con lui/lei).

D'altra parte non accettare la percezione sessuale di lei che si dichiara lui o di lui che si dichiara lei esporrebbe te ragazzo/donna etero o te ragazza/uomo etero alle ire della legge Zan.

VaffanZan, anche stasera si va in bianco!

lunedì 1 novembre 2021

Ogni lasciata è persa

 

Nicodemo sedeva sul divano, con in mano il bicchiere di Malbech bevuto a metà. Ascoltava il crepitare della legna nel caminetto. Si guardò intorno e, a destra del caminetto, vide la foto di lui e Ciro a Mantova, gita di terza media. Ricordava bene quella foto, l'aveva scattata Cinzia, a cui Ciro aveva fatto il filo tutto il giorno, riuscendo a passare il viaggio di ritorno a pomiciare con lei in fondo alla corriera. Era stata la prima volta che Nicodemo aveva dovuto trovare un'alternativa a passare il tempo con Ciro a causa di una donna. La prima, ma non l'ultima.

Del resto non è che si vedessero poco all'epoca. Abitavano nello steso condominio e dato che i genitori di entrambi lavoravano fino a sera si ritrovavano ai pranzi dei giorni feriali per cucinare e mangiare assieme.

Poi alle superiore Ciro accompagnava tutte le mattine in moto Nico a prendere la corriera per Lonigo, dove Nico Studiava per divenire Perito Agrario, e tornava a recuperarlo alla sera, non proprio sempre, alla sera, cioè solo quando non era impegnato con qualche ragazza, cosa che nel corso degli anni accadeva sempre più frequentemente cosicché le passeggiate pomeridiane di Nico si moltiplicavano.

Ciro era figlio di un operaio del sud, collega del padre di Nicodemo in una fabbrica metalmeccanica. I nonni materni di Nicodemo vivevano poco lontano in mezzo alla campagna, nella fattoria di famiglia.

Il paese era piccolo, ma tra Ciro e Nicodemo non c'era un'amicizia casuale, i due erano molto diversi, ma in qualche misura complementari e dunque perfettamente compatibili e si supportavano molto bene essendo entrambi di natura tollerante e avendo capito velocemente la potenza della collaborazione. Faceva eccezione ovviamente il campo sentimentale, giacché Ciro lavorava da solo, mentre Nico non era interessato al tipo di ragazze e di relazioni che inseguiva l'amico.

Le doti fisiche di Ciro non erano particolarmente brillanti, né poteva dirsi bello, soprattutto a causa del volto angoloso, conscio di ciò e sostenuto da una grossa produzione di testosterone decise presto di puntare alle brutte.

Essendo per di più ragazzo di spirito la strategia risultò vincente, ma presto Ciro scoprì la gioia di soddisfare le ragazze e la sua diventò una vera e proprio missione, non tanto generosa, bensì molto soddisfacente per entrambe le parti. Con il tempo affinò la tecnica sia nei preamboli sia nella prestazione fisica, giungendo a standard prestazionali senza dubbio ragguardevoli.

Finita la scuola scelse, non a caso, ma sostenuto anche da un certo estro, la carriera di parrucchiere. Risultò subito bravo nel trattare con le clienti e anche la bottega in cui lavorava come apprendista e, in seguito la sua, divennero naturalmente terreno di conquista. In ogni caso, fosse anche stato un parrucchiere scontroso, la sua abilità sarebbe stata sufficiente al successo dell'attività.

Nico, di fronte alle conquiste di Ciro, spesso con ragazze dotate a scelta o addirittura in addizione di bruttezza esagerata, stupidità fastidiosa, noiosità sovra umana, logorrea acuta, isteria perniciosa, si limitava a dire “Ciro, Ciro”. Al che Ciro ribatteva con detti tipo. “el casso no ga oci”, “el buso xe sempre el buso”, “ogni lasciata è persa”, “fottitene dell'orgoglio”. Frasi che Ciro riservava unicamente all'amico fidato, perché delle sue conquiste Ciro non parlava mai con nessuno, né per vantarsene, né per parlare o sparlare delle ragazze. Faceva parte della sua etica, ma era anche una valida assicurazione per il proseguo della carriera di latin lover o come diceva Nico di roiti-lovers.

Da parte sua Ciro evitava di esprimere giudizi sulla vita sentimentale di Nico, a suo avviso del tutto inesistente: contento lui contenti tutti.

Nicodemo ottenuto il diploma alla scuola agraria si trasferì in campagna rilevando il podere dei nonni, che gli fecero compagnia per pochi anni. I rapporti tra i due amici si fecero saltuari, cosa del resto inevitabile, quando l'età adulta regala la contrazione del tempo libero fino al limite prossimo allo zero.

Per Nicodemo c'erano la fattoria - che convertì con successo anche commerciale al biologico e fornì di laboratorio di trasformazione - i quattro figli, la moglie - un valido aiuto, ma anche una compagna cui dedicare tempo di qualità - cosicché già per i nuovi amici del paese il tempo a disposizione era prossimo allo zero.

Per Ciro c'era l'atelier, come amava chiamare il suo negozio di parrucchiere e le donne, le donne e ancora le donne.

Gli anni passarono e Ciro resistendo a qualche profferta di rapporto stabile, continuò con costanza nella sua missione. Le sue doti amatoriali iniziarono a divenire argomento di conversazione femminile nell'intera provincia.

Iniziò quindi ad attrarre ragazze e poi donne sempre più piacenti e anche quelle veramente belle. Da cacciatore divenne preda. La cosa non gli dispiacque, l'approccio iniziale era più passivo, ma il risultato finale comunque garantito, in più ora il rispetto e l'invidia della comunità maschile del paese era alle stelle, anche se i mariti o compagni delle sue clienti divennero ostili e Ciro si fece il porto d'armi, comprò una pistola e iniziò a praticare il tiro a segno.

Ad un certo punto però cominciò a sentire il limite di questa attività amatoriale puramente fisica, ma il suo ruolo era quello e dato che le donne lo cercavano e lo volevano solo per provare piacere e non per instaurare relazioni affettive e tanto meno stabili, non era affatto agevole uscire da questo vortice di sesso facile con donne avvenenti.

Con pazienza però Ciro cominciò a sondare il terreno e a cercare l'amicizia femminile con la A maiuscola, liberandosi il più velocemente possibile, dopo averle beninteso soddisfatte, delle predatrici interessate all'uomo oggetto.

Finalmente intavolò una relazione stabile, in cui inizialmente credeva, ma non seppe riadattare la sua vita ad un rapporto di coppia che esigeva una flessibilità che chi è abituato alla solitudine fatica ad avere: rinunciare ad alcune delle proprie confortanti abitudini, assumerne di nuove per le quali non si prova alcun trasporto, imparare a considerare le esigenze, i tempi, i desideri dell'altro. Cose banali, ma estremamente difficili, giacché gli automatismi rendono la vita facile e perderli richiede di aumentare il proprio livello di coscienza ed è uno sforzo costante. Troppo per Ciro e la relazione non resse. La delusione fu cocente. Oltretutto, vuoi per quella parentesi di indisponibilità vuoi perché ormai le donne potenzialmente interessate a lui le aveva avute, Ciro si ritrovò, dopo moltissimi anni, addirittura non proprio a faticare a trovare compagnia occasionale, ma comunque a doverci mettere di nuovo l'impegno e a riabbassare il livello estetico o a rialzare il target di età.

Fu così che ripensò alla sua vita, gli tornò in mente il vecchio amico e decise di andare in campagna a trovare Nicodemo e la sua famiglia.

Ecco Ciro se ne era appena andato e Nicodemo, sorseggiando il suo vino, rifletteva guardando quella foto e faticava a inquadrare la situazione di oggi, ma si perdeva piuttosto nei ricordi del passato.

Parlando della sua inquietudine con il vecchio amico e vedendo la sua famiglia Ciro aveva capito e subito confessato a Nicodemo che avrebbe voluto trovare la madre per i figli che avrebbe desiderato finalmente avere, ma ormai temeva fosse tardi.

Nicodemo era fiero della sua famiglia: Letizia la primogenita insegnava greco e latino al liceo in città e lo aveva reso già nonno di due splendidi nipotini, Diego il secondo stava facendo carriera come biologo all'Univerisità di Oxford e stava per dargli il primo nipote cinese con la sua compagna taiwanese e già Nico stava pensando al suo primo viaggio in Inghilterra e alla strana esperienza di un nipote che avrebbe parlato inglese e cinese, ma probabilmente poco o nulla italiano, lingua che del resto neppure Nicodemo maneggiava molto non parlandola praticamente mai, visto che nel suo ambiente rurale gli bastava la sua lingua naturale, quella veneta, il terzo figlio di Nicodemo, Anacleto, era ancora in comunità terapeutica ma vederlo pulito e sereno era già una gioia per il padre e infine Sonia, che aveva da poco preso il diploma di perito agrario e già gli era subentrata nella conduzione dell'azienda agricola, sulla carta al momento, ma, era chiaro, ben presto anche di fatto, seppur certo e per fortuna l'aiuto del padre ancora prestante le avrebbe fatto comodo a lungo, anche perché nel frattempo Sonia proseguiva, seppur con calma, gli studi all'Università. La nota veramente dolente era la perdita di Enrica moglie madre e nonna in quel tragico incidente stradale, l'ultima volta che aveva visto Ciro in precedenza era stato proprio al suo funerale, un trauma ancora vivo e una mancanza che non si sarebbe mai riassorbita, ma sì Nicodemo non poteva nemmeno immaginarsi senza la sua famiglia. E poi c'era l'altra famiglia, la famiglia Constantin, ma questo è un confine arbitrario che pone solo il narratore. 

Florian e Nadine erano arrivati per lavorare in un'impresa meccanica, a quel tempo Nico, per racimolare un po' di soldi in più da investire nell'azienda, aveva messo in affitto una porzione del grosso fabbricato in cui un tempo vivevano le varie famiglie del clan che popolava la fattoria e ne costituiva la forza lavoro. La coppia di rumeni si era stabilita lì e presto aveva chiesto di potere coltivare un piccolo orto, poi Florian aveva iniziato a lavorare al bisogno per la fattoria dimostrandosi abile e affidabile e già esperto di lavori agricoli. Ad un certo punto Nico aveva potuto offrirgli un posto fisso nella fattoria che il ragazzo aveva volentieri accettato. Ora i due figli di Florian e Nadine, nati e cresciuti nella fattoria, erano diventati lei la referente del negozio in città e il fratello del laboratorio di trasformazione oltre che dei trasporti per rifornire proprio il punto vendita gestito dalla sorella. Oltre allo stipendio tutti avevano una partecipazione agli utili, e anche una loro quota nella proprietà del negozio. Ma soprattutto erano ormai legati da un vincolo che più che di amicizia era di parentela acquisita, e infatti Nicodemo stesso pensava a loro come parte della famiglia.

“Tu sei nonno e io solo ora mi accorgo di volere essere padre” aveva sospirato Ciro.

Nicodemo naturalmente aveva ribattuto a Ciro che di tempo ne aveva e che comunque se era destino sarebbe sicuramente successo. Del resto trovare una donna non era certo un problema per lui.

“Per una scopata la trovo subito, ma per fare un figlio o anche solo per un rapporto stabile non so da che parte girarmi” aveva ammesso l'amico parrucchiere, ma non si era aperto a raccontare del tentativo da poco concluso in modo fallimentare, forse solo per esorcizzare l'evento relegandolo nel silenzio.

Nicodemo aveva insistito sul destino, non era un gran che come tentativo di conforto, eppure Ciro gli era sembrato più sollevato dopo aver parlato con lui, ma forse più per essersi sfogato, che per le rassicurazioni e i consigli ricevuti. Del resto non era sempre stato così? Ciro era fondamentalmente un individualista, ma Nico ne era convinto poteva ancora cambiare o meglio ritornare ad essere quel compagno generoso che era stato con lui ai tempi della scuola. Intanto sperava che tornasse presto a trovarlo e naturalmente non da solo.