giovedì 21 dicembre 2017

LOS VON ROM, LOS VON WIEN

Via da Roma, Via da Vienna. Era questo, ai tempi del martellatore della Val Passiria, lo slogan dell'irredentismo tirolese. Oggi la Klotz sembra sposare il nazionalismo austriaco, ma la cosa è poco rilevante. L'argomento di discussione dovrebbe essere ormai la cittadinanza europea. Non solo i vecchi stati nazionali non hanno più senso di esistere, in quanto tali, ma la stessa idea di nazione tirolese appare ormai superata. In un'Europa dei cittadini e per i cittadini, con le istituzioni ad essi vicine, il livello cantonale dovrebbe contemplare i 3 cantoni Tirolo, Sud Tirolo e Tirolo Orientale. Più potere a Bolzano, Insbruck, Lienz e Bruxelles e meno, molto meno a Roma e Vienna. E così per tutta la Confederazione Cantonale Europea.

http://debolisegnali.altervista.org/Manifesto_eu7dot0.html

venerdì 10 novembre 2017

TECNOCRAZIA

Che l'Europa fosse divenuta una sorta di tecnocrazia sembrava uno slogan da antagonista, ora che il presidente del parlamento rivendica l'egemonia della politica sui funzionari la cosa assume una prospettiva molto più realistica e dunque pienamente inquietante.
Ma il problema vero non è lo strapotere della BCE, ma la mancanza di potere reale del Parlamento.
E l'Europa continuerà sostanzialmente a non esistere finchè gli Stati Nazionali tramite il Consiglio saranno il vero centro di potere, un centro con troppo potere nominale e nessuna reale capacità decisionale perchè paralizzato dalle divergenze tra gli Stati.
E in questo vuoto i tecnocrati avranno sempre gioco facile.
Stati Uniti d'Europa subito, come primo passo verso la Confederazione Cantonale Europea.

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sabato 4 novembre 2017

INCRIMINATE RAJOY

Qualcuno incrimini Mariano "Francisco Franco" Rajoy e tutto il governo e i giudici di Madrid davanti alla corte di giustizia internazionale per le violenze perpetrate dalla guardia civil ai danni della popolazione catalana, per il golpe antidemocratico con cui è stato destituito il leggittimo governo catalano, per il sequestro di persona, ossia l'illeggittimo arresto dei ministri di un governo straniero ad opera delle truppe di occupazione spagnole.
Libertà per la Catalogna !!!

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giovedì 26 ottobre 2017

SI'

Sì all'autonomia di Belluno.
Sì all'autonomia del Veneto.
Sì all'indipendenza della Catalogna.
Sì alla difesa agli esteri e a parte del tesoro (emissione titoli, banche, tassazione indiretta) competenza esclusiva di Bruxelles.
Sì al cammino verso la Confederazione cantonale Europea.

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giovedì 12 ottobre 2017

LEGALITA'

Una dichiarazione di indipendenza legale e non unilaterale sarebbe quantomeno strana.
La Baviera potrebbe farla in quanto ha aderito alla Repubblica Federale Tedesca con la clausola di poter uscire liberamente, ma ad oggi non se ne intravede nemmeno la tentazione, del resto la Germania è uno stato federale.
La Slovacchia invece è uscita dalla Cecoslovacchia di comune accordo con la Repubblica Ceca.
Per il resto nella storia dagli Stati Uniti con l'Inghilterra, alla Finlandia con la Russia, fino a tutte le repubbliche ex-jugoslave solo per fare alcuni esempi si è sempre trattato di atti unilaterali e illegali.
Vale la pena ricordare come la Slovenia abbia dichiarato la propria indipendenza il 25 giugno 1991,
ne seguì la guerra dei 10 giorni al termine della quale la Jugoslavia riconobbe l'indipendenza. La comunità Economica Europe,a che precedentemente aveva dichiarato che mai avrebbe riconosciuto la Slovenia, riconobbe il nuovo stato dopo molte titubanze solo nel 1992. Poi nel 2004 la Slovenia entrò a far parte dell'Unione Europea, nel 2007 adottò l'euro, nel 2008 entrò a far parte della zona Schengen e assunse la presidenza di turno dell'Unione.
La storia ci darà quale sarà il cammino della Catalogna, ad oggi è da elogiare la prudenza dei Catalani che pur fermi nella volontà secessionista cercano in tutti i modi di giungervi pacificamente.
Personalmente non apprezzo il nazionalismo e nemmeno quello catalano mi piace molto, ma è pur sempre meglio di quello spagnolo.
Anche a casa nostra preferisco il nazionalismo veneto a quello italiano, ma quello dolomitico a quello veneto e preferirei quello italiano ad un qualsiasi nazionalismo, non so magari russo, che pretendesse di dominare l'intera Europa.
Quello che io vedo di buono nell'affermarsi di nazioni piccole, come quella catalana, è l'indebolirsi dei vecchi, ma ancora strapotenti, nazionalismi degli stati europei con la possibilità di una doppio devolution, da una parte ad un nuovo forte e democratico governo europeo e dall'altra alle autonomie locali fino a giungere ad una nova confederazione europea sul modello svizzero.
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domenica 8 ottobre 2017

INACCETTABILE

Slealtà inaccettabile ha detto Felipe VI.
Ma è veramente inaccettabile che ci sia ancora chi considera territori e persone come una sua proprietà, inaccettabile per un re, per un governo, per un giudice.
E' inaccettabile che con la forza e la violenza si cerci di impedire la libera e democratica espressione della volontà di un popolo.
E' inaccettabile che le istituzioni europee propugnino l'imposizione delle divisioni nazionali fossilizzando un passato contro la cui nefasta persistenza esse stesse sono nate.
E' ora che i catalani siano cittadini europei e non più sudditi spagnoli.
Ma lo stesso vale per i veneti e i lombardi, i sassoni e i renani, i provenzali e i bretoni e tutti gli altri.
Anche queste entità però non devono aprire nuovi steccati nazionali, sono ancora troppo estese, il potere deve essere più vicino ai cittadini nelle comunità locali.
E l'unica nazione sarà l'europa: la confederazione dei cantoni europei!
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martedì 3 ottobre 2017

AUTONOMIA

Amo l'autonomia in tutte le sue forme.
Guardo con soddisfazione alla perdurante autonomia dei miei genitori e con malcelata impazienza alla crescente autonomia dei miei figli.
Persino alla vecchia Autonomia Operaia ripenso con un po' di nostalgia per quei tempi in cui gli ideali muovevano ancora le coscienze e plasmavano l'agire delle persone.
L'autonomia dei popoli rientra invece a pieno titolo nella sfera della positività.
L'indipendenza della Catalogna può essere un'ottima cosa, se uscita dalla Spagna la nuova nazione rientrerà nell'Unione Europea.
Il futuro del resto non può essere che questo un'integrazione Europea più forte e stretta e Stati Nazionali più leggeri, ma enti territoriali più forti e autonomi.
Il punto di arrivo: una confederazione europea di piccoli cantoni fortemente autonomi, ma fortemente integrati e coordinati a livello centrale.
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venerdì 1 settembre 2017

AL DOLORE

Questo confuso dolore
che mi gonfia il cuore
e suggella tutta la mia vita
sicché senza la penserei finita
lo contemplo ormai con amore
come unica certezza
come pegno di salvezza
e grande sarebbe lo stupore
oso dire persino l'orrore
se mi sparisse dalla mente
e mi lasciasse senza niente.

domenica 2 luglio 2017

PREGHIERA AL PADRE


Padre concedimi
di amare sempre
la gioia di ogni uomo
e sopra ogni cosa
di amare la Tua gioia.

domenica 25 giugno 2017

VOCAZIONE


Piccole cose

troppo piccole

per l’orgoglio

di un uomo

macigni laceranti

per le braccia rachitiche

dello spirito.

domenica 18 giugno 2017

ELETTRA


Una tumida bava

di nausea

intesse e irrora

i frammenti madidi

dell’ossessione

che adombra e rintrona

nella cruna dell’ago

nel calore latente

il seme solitario

come chi cerca

il frutto.

Il vento ricopre

le tracce confuse

con sabbia e sabbia

e sabbia.

domenica 4 giugno 2017

DORMI


Dormi

E non sognare

I tuoi giorni

Troppo stretti

Non riattorcigliare

La trama delle passioni

A mulinelli di vento

Dormi

Con il viso nella mia mano

Senza badare

Al mio odore

Di asou.

domenica 21 maggio 2017

VEGLIA


Una cappa di silenzio

come un cielo reso muto

da un Dio troppo stanco

cumuli neri si sfrangiano

e si raggrumano

cascate di schegge di vetro

precipitano senza dolore

senza suono

neppure Satana

bussa stasera

ma, come svuotato

veglio me stesso.

domenica 14 maggio 2017

NATALE 2001


Silenzio nel silenzio

luce ad occhi spenti

conforto di dolore

speranza e scandalo

straripa su ogni cosa

l’amore che sana

arriva quasi a toccare

il mio cuore tremante

che aspetta sempre

la guarigione finale.

domenica 30 aprile 2017

TODA'


Prima todà
Vento di ruggine
pascola sulle mie mani
e il mio piede s’affatica invano
mentre gelida melma nera
mi serra le ginocchia
perché io lotto
contro il mio Dio.

Seconda todà
“Sia fatta la tua volontà”
No, mai!
“Sia fatta la tua volontà”
Mai, mai!
La mia piuttosto, la mia.
Ogni voce diviene nemica
e ogni cuore è un bavaglio
per il mio astioso respiro.

Terza todà
Come posso perdonarti
il mio ragionare
e questa natura,
come far tacere l’occhio
e accettare il peso,
il peso di Dio,
come perdonarti
di avermi creato,
come farti colmare
la distanza
che erigo di nuovo
contro di Te?

Quarta todà
Stanchezza buona
voci amiche
un raggio di sole
e il ricordo del mare
attendo in silenzio
e sorride il mio cuore.

domenica 16 aprile 2017

LA LUNGA NOTTE


I
Risucchiato nell’abisso
con un ricordo confuso di luce
e solo fame
di divorarmi l’anima.

II
Sono padrone dell’evento
di questa sera-qui
dell’aria fragrante di luce
dei gorgoglii sistolici
dell’oceano dello spirito
che s’increspa
in onde di dolore
e rifluisce sulla risacca
cancellando le orme invisibili
dalla sabbia.

III
Un rumore sottile
frusciare di foglia
mi squassa le viscere
e atterrisco
riverso alle radici
del salice sinuoso
con faccia di pietra
non cuore, non cuore!

IV
Lacrime di stanchezza
imbevono e scremano
il fiele scabro
del mio spirito
meschina preda
del suo stesso demone.

V
Conati gelidi indugiano
sulla giostra del desiderio
dalle dita sfuggono lugubri note
e rotolano nell’abisso delle crepe
della terra riarsa
lasciandomi dentro
un rimbombo inestinguibile

VI
Nel buio del cuore
ecco un’altra ora
da serbare con cura
per tramutare in gioia
di sospirato incontro
l’ultimo respiro.

VII
Catene infinite
di onde anomale
collassano urlando
in un frullare muto
di gemiti abbaglianti
danza convulsa
di umori e orrori
scagliati contro il vento
nel tunnel rappreso
dell’errore giusto.

VIII
Increspature di campo
instabili anomalie
legate in perfetta armonia
fino al paradosso
della coscienza.

domenica 9 aprile 2017

IL QUINTO CAVALIERE


Si conficca atono

il chiodo gelido

nella carne rappresa

attorno al calore fetale

sbriciolando

mura evanescenti

di intenzioni

e squarcia di luce

il terzo occhio.

domenica 2 aprile 2017

ABORTO

Fragili cuccioli ciechi

guaiscono stremati

dalla penombra

dell’esistenza

piccoli passi

germogli di luce

nella tela inestricabile

dei lacci infiniti

del dolore.

sabato 25 marzo 2017

LE STAGIONI


Lacrime
sul letto di semina
perché non c’è speranza
nel mio cuore.
Tutta l’estate
faccio cordoglio
per la mia sventura
che matura.
Infine l’autunno
e il tempo della mietitura
stringendo il vuoto
nelle mani
cresce l’amarezza
per il mancato miracolo.
E ritorno a nutrirmi
di bave d’inverno.

domenica 12 marzo 2017

PREGHIERA DEBOLE


Le campane della festa

suonano a morto

nel mio cuore

e il sole radioso

è lugubre presagio

della notte più nera

nel silenzio della cripta

non leggo la fede

ma la disperazione

dei viventi

Dio mio

prega per me.

domenica 5 marzo 2017

BAVE D'AMORE


Rigidi fili nodosi

ritorti dal dolore

aggiogati da immane

flaccida soma

sperduti nella morsa

di una notte straniera

con forza cieca e sorda

trascinano piano

esili bave d’amore

nella brezza della sera.

sabato 25 febbraio 2017

SU UNA NOTA SILENTE


Neri presagi

fendono i vapori

tra scrosci di dolore

e sguardi arruffati

s’infrange la colpa

sul palmo di Dio.

Sgocciolano

le mani aride

come pianto

d’amore.

domenica 19 febbraio 2017

MUSA MUTA


Fuggono le parole

dal midollo secco

del mio spirito

dal ventre gonfio

del desiderio

arido e prostrato

ascolto questo silenzio

che mi impregna

come le lacrime

del cielo

la zolla riarsa.

domenica 12 febbraio 2017

EFFETTO SERRA


Già rimpiango il freddo crudele

che strideva sui denti fino a ieri

per questo giorno grigio

e l’umidità pregna

che sembra trasudare

da ogni cosa

come il presagio dalla vita

come rassegnata gioia

dal torsolo dell’uomo.

domenica 5 febbraio 2017

PIENEZZA E VUOTO


UN GIORNO
- maestro, sento un grande vuoto dentro di me!
- anch'io.

UN ALTRO GIORNO
- maestro, sento sempre il vuoto in me
- bene.

ANCORA UN ALTRO GIORNO
- maestro, sono triste?
- perché sei triste?
- il vuoto che ho dentro mi tormenta
- questa è una cosa buona per te
- come può essere una buona cosa soffrire?
- non soffrire è bene, ma piangere per un motivo valido lo è. Le
lacrime portano via il dolore e resta la causa giusta
- la causa giusta, la causa giusta!
Si allontanò. 
-la causa giusta?

DI NUOVO UN GIORNO
- maestro, ho provato in ogni modo a riempire il
  vuoto, ma non ci riesco
- la tua anima è infinita e cosi il suo vuoto,
  non è possibile riempirlo 
- cosa devo fare allora?
- contempla il vuoto!

UN GIORNO PIÙ AVANTI 
- maestro, la contemplazione mi aiuta, ma quando ho finito di
  meditare e torno al mio mondo, risento il peso del nulla, sento che 
  mi manca qualcosa.
- il nulla non esiste!
- cos'è dunque questo vuoto che ho dentro?
- questa è la domanda!

UN GIORNO NEL MEZZO
- maestro!
Il maestro annuì.
- sei sulla strada giusta: continua a occuparti del dolore di chi ti
sta attorno, sii la tua speranza.

UN GIORNO MOLTO PIÙ AVANTI
- maestro, il vuoto è Dio, non c'è nulla da riempire, bisogna solo 
  riconoscerlo, capire che è Lui
Mentre il maestro sorrideva proseguì:
- e tutte le cose che usiamo per tentare vanamente di riempire il
  vuoto servono solo a nasconderlo, a nasconderci Dio
- per questo tutto ciò che fai per te ti riempie e ti impedisce di
  vedere Dio, mentre ciò che fai per gli altri ti svuota e te lo
  manifesta
- è così, grazie maestro!
- grazie a te, ora vai.
Andò, ma da quel momento restarono reciprocamente presenti nei cuori.

sabato 28 gennaio 2017

DESIDERIO


Con moderata ossessività

ripeto gesti inutili

ricreo parole consunte,

nelle viscere dell’anima

nulla prende forma

nulla erompe in luce.

Il silenzio attorno

è solo muta assenza.

domenica 22 gennaio 2017

R.I.P.


Il riflesso elettrico
del cielo violaceo
sulla carne cinerea
e le vesti nere inamidate:
lasciatemi gustare
la morte
senza baci e saluti
lasciatemi al silenzio
e al pianto
che non sgorga
lasciatemi parlare
al mio cuore
lasciatemi al vento
che sferza i pensieri
più puri.

domenica 1 gennaio 2017

LA CASA DEL MAGO


C'era una volta un mago che si chiamava Lon e viveva in una casa che si chiamava Nead. Dove fosse questa casa non è facile a dirsi, perché la casa era protetta da una fitta rete di incantesimi che la rendeva per lo più invisibile o la faceva apparire sotto false sembianze. Di sicuro la casa si trovava vicino o forse proprio dentro un bosco di abeti al cui margine c'era un'ampia radura, raggiungibile per mezzo di una comoda strada e dotata di una piacevole area pic nic.
Un giorno di inizio primavera una famigliola si recò lì proprio per un pic nic. Erano da soli, perché, data la stagione, era un po' presto per mangiare all'aperto e le previsioni meteo non erano incoraggianti, ma in realtà era uscita una giornata proprio gradevole così si accomodarono su un tavolo ai margini del prato e mangiarono di gusto le buone cose che avevano preparato la sera prima e quelle che avevano cotto sulla griglia il giorno stesso. Parecchi uccellini cinguettavano tra i rami degli alberi e dei cespugli, ma uno in particolare li stava osservando attentamente.
Poi, dopo mangiato, mamma e papà furono presi, improvvisamente e alquanto insolitamente, da un grande torpore e si stesero su una coperta per fare un sonnellino ristoratore.
I due bambini per non disturbare i genitori, decisero di allontanarsi un po' andando ad esplorare la radura. La sorella maggiore Lilli aveva con sé il suo orsetto di peluche Giangiovanni e se lo teneva ben stretto per evitare i soliti scherzi del fratellino Mofi, che era un anno più giovane, ma non aveva mai amato i peluches e detestava in particolare Giangiovanni forse solo per gelosia, dato che la sorella gli dedicava molte attenzioni e molto tempo.
Arrivati al margine della radura un uccello nero con il becco giallo volò loro intorno alcune volte poi si fermò davanti a loro e saltellò verso il bosco. Si fermò tornò verso i bambini e poi saltellò di nuovo verso il bosco. I bambini incuriositi cominciarono a seguirlo ed imboccarono dietro di lui un sentiero che entrava nel bosco.
Man mano che si allontanavano dalla radura, il bosco si infittiva, ma i bimbi presi dal gioco di seguire l'uccellino non se ne avvidero. Ad un certo punto Mofi pestò una grossa vescia da cui uscì una strana nuvola di fumo violetto che profumava di cioccolato e avvolse completamente i bimbi.
Dopo qualche istante la nuvola si diradò e Lilli e Mofi si guardarono intorno stupefatti: erano su un ampio sentiero in mezzo ad un giardino con aiuole di fiori e di fronte a loro vi era un laghetto con un ponte che lo superava e dietro una grande casa.
Lilli per lo stupore lasciò cadere Giangiovanni a terra mentre Mofi impaurito le prendeva la mano.
I due si guardarono senza sapere cosa dire, quando sentirono una vocetta che diceva:
Che bello che è qui e che bella casa, andiamo a vedere cosa c'é lì dentro”.
Ed ecco una nuova sorpresa ancora più incredibile: davanti a loro saltellava Giangiovanni
Dai Lilli andiamo” riprese a dire il pupazzo.
Ma tu parli” balbettò Lilli.
Ma certo! Che novità è? Forse di solito però tu non mi badi o nemmeno mi senti, ma io parlo. Ma adesso andiamo alla casa. Dai Mofi”
Lilli non era affatto convinta e Mofi, che già non aveva simpatia per Giangiovanni, trovava la sua vocetta alquanto antipatica e il suo modo di saltellare continuamente gli dava già sui nervi.
I bambini si guardarono indietro, ma non c'era più traccia del posto in cui si trovavano poco prima ne si intravvedeva alcun sentiero per uscire da lì. Così da un lato non potevano tornare indietro, come avrebbero voluto, dall'altro erano anche curiosi di vedere il giardino e la casa e così si avviarono dietro a Giangiovanni che trotterellava svelto svelto.
Il giardino era molto bello, pieno di fiori e piante dai mille colori e dai dolci profumi, ma niente di conosciuto e niente che sembrasse neanche lontanamente commestibile.
Arrivarono così al portone della casa. Un enorme portone intarsiato. Giangiovanni lo spinse come niente fosse ed entrò. Lilli provò a spingere il portone e si accorse che era leggerissimo.
Strano,” pensò “un portone così grosso e così leggero.”
Al centro dell'atrio un'ampia scalinata portava ad un soppalco.
Per di qua” disse Giangiovanni e cominciò con dei ridicoli saltelli a salire. I bimbi lo seguirono in cima e videro che sul muro di fronte alle scale c'era l'entrata di uno scivolo.
Wow” disse Giangiovanni “ sembra proprio bello”
I bambini erano un po' perplessi, perché non si potava assolutamente capire dove portasse lo scivolo.
Vado avanti io” squittì il pupazzo e si infilò nel buco sparendo alla vista dei bimbi.
Yuhu” gridava mentre scendeva e poi dopo una breve pausa è bellissimo qua, ci sono tantissimi giochi, venite”.
Andiamo?” chiese Mofi.
Sì” rispose la sorella, che era curiosa ma sempre piuttosto titubante. Mofi entrò e sparì a sua volta nel tunnel.
Tutto a posto” urlò dentro il tubo la bimba.
Mofi voleva quasi dire “Sì, è bello ed è pieno di giochi”, ma gli seccava dare ragione a Giangiovanni. Così si limitò a dire
Sì, Vieni anche tu”.
Lilli entrò nello scivolo che attraversava la parete e poi proseguiva su un tubo sospeso per aria che si interrompeva bruscamente facendola cadere in una specie di grossa cesta che penzolava appesa attraverso quattro catene al soffitto. Il pavimento di sotto sembrava parecchio lontano come anche il soffitto, mentre lo scivolo era poco più sopra di loro, ma comunque fuori portata.
Mofi stava già giocando, Lilli invece non era affatto contenta di essere appesa là in alto e che Giangivanni si muovesse e parlasse continuava a renderla molto inquieta.
Giangivanni intanto si era messo buono in un angolo e Lilli decise di rilassarsi un po' giocando con il fratellino. Ben presto però si stufò e si sentiva pure stanca.
A me questo posto non piace per niente. Voglio andarmene disse Lilli.
Neanche a me piace per niente voglio andarmene “ripeté subito Mofi, che si sentiva anche lui molto stanco e che, come sempre al primo accenno di sonno, cominciava ad avere nostalgia della mamma.
Giangiovanni propose di riposarsi, fare un pisolino e insisteva nel dire che lì si stava benissimo, ma poiché i bimbi non gli davano più retta concluse:
Comunque è impossibile andarsene senza una scala per scendere”. Mofi prese il primo giocattolo che gli capitò tra le mani e lo gettò con rabbia giù di sotto.
Subito si sentì il rumore del giocattolo che si fracassava al suolo. Lilli si accorse che il suono era arrivato praticamente subito, troppo presto rispetto alla distanza che sembrava avere il pavimento. Guardò giù: il salto sembrava enorme. Prese allora un telefono di quelli con le ruote e gettò giù la cornetta. Subito questa arrivò a terra. Ma il telefono era ancora in mano a Lilli e il cavo era corto. “Sembra alto, ma non lo è” ridacchiò soddisfatta Lilli, quindi si arrampicò sul bordo del cestone e aiutò anche Mofi a salire.
No, no, non saltate è altissimo vi sfracellerete!” strillava Giangiovanni, ma i bimbi fecero un balzo e in un attimo furono a terra senza farsi assolutamente nulla. Il nido sembrava altissimo lassù, ma allungando le mani essi potevano toccarlo, mentre le loro braccia sembravano diventare lunghe decine di metri.
Che ridere” disse Mofi continuando a tirare su e giù il braccio a toccare il nido. Ma Lilli, che aveva deciso definitivamente che la situazione era davvero troppo assurda, che nulla quadrava in quel posto e che dunque ogni sorpresa era possibile, anche le più brutte, lo prese per mano e lo tirò dicendo:
Vieni dobbiamo andarcene subito di qua”.
Mofi, che voleva tornare da mamma e papà, non poteva essere più d'accordo e capiva anche che la sorella era preoccupata e sapeva che in queste cose lei finiva per avere sempre ragione.
In quel momento rispuntò fuori Giangiovanni
aspettatemi, aspettatemi. Fermiamoci un po’ qui a riposare”.
No” disse Lilli, che ormai detestava Giangiovanni più di quanto non lo odiasse Mofi
come hai fatto a scendere senza scala?” gli domandò ironica.
Potevi anche restare su” soggiunse Mofi.
Va beh allora andiamo” disse Giangiovanni conciliante e lì seguì.
Usciti dalla stanza si trovarono in un corridoio che a prima vista sembrava interminabile e incominciarono a percorrerlo. Ad un certo punto al posto del pavimento c'era solo acqua.
Di qui non si passa” sentenziò subito il pupazzo “torniamo indietro”
No, noi sappiamo nuotare perfettamente” ribattè Lilli, al che Mofi urlando “Evviva” si gettò a piedi pari nell'acqua. Invece che un tuffo in una piscina però risultò un salto in una pozzanghera profonda appena qualche millimetro, un velo d'acqua che arrivava a stento a bagnare le suole.
Uffa” sbottò Mofi “Addio bagno”.
Così avanzarono ancora, ma da lì a poco la luce cominciò ad affievolirsi e davanti a loro il corridoio diveniva del tutto tenebroso. Dietro di loro invece si vedeva la luce.
Torniamo indietro” ripetè speranzoso Giangiovanni, ma Mofi lo brandì come fosse un bastone da ciechi e disse alla sorella: “Andiamo”
Ottima idea” ridacchiò lei “Bravo!”
Giangiovanni emetteva dei piccoli rantoli, ma in breve avanzando a passo spedito e senza trovare ostacoli il corridoio tornò luminoso e Mofi lo mollò per terra. Dopo un altro po' di cammino iniziarono a sentire dei rumori strani come di belve ringhianti, ruggenti e soffianti con urla acute di uccelli e videro delle grosse belve stranissime e confuse che avanzavano verso di loro. I bambini rimasero impietriti, mentre Giangiovanni gridava
Scappiamo, scappiamo”.
Ma i bambini sul principio non riuscivano a muoversi per lo spavento poi incominciarono ad infastidirsi perché Giangiovanni oltre a ripetere in modo petulante di andare li tirava per le maglie.
Zitto tu” gli intimarono e fissarono coraggiosamente le assurde e spaventose creature che avevano di fronte.
Avanzano, avanzano, ma non arrivano mai” osservò Lilli.
E' un altro trucco?” buttò lì Mofi.
Di sicuro” rispose Lilli “Attacchiamo”.
Ancora una volta a Mofi non parse vero di accogliere la proposta della sorella e si slanciò in avanti urlando: “All'attacco!”
Ma appena raggiunsero le belve queste svanirono dissolvendosi nell'aria insieme ai loro versi.
I bambini proseguivano sempre più sicuri di sé, ma a quel punto il corridoio iniziò a girare, poi trovarono un bivio ed un altro ed un altro.
Il pupazzo li seguiva in silenzio, Ad un certo punto Lilli si fermò. Guardò Giangiovanni e disse:
Va avanti tu”
Va bene” il pupazzo obbedì e si incamminò prendendo il passaggio a sinisitra. Lilli lasciò cadere a terra una forcina per capelli e lo seguì. Poco dopo ritrovarono la forcina. Ripresero il cammino e Lilli intimò a Giangiovanni di prendere il passaggio a destra, ma dopo poco Lilli rivide la sua forcina.
Lo sapevo” sbottò, “siamo in un labirinto”.
Mofi sferrò un calcio al muro e lo sfondò aprendo un piccolo buco.
Qui è tutto finto”. Esclamò Lilli “Anche i muri” e incominciò a demolire le pareti a calci e pugni subito spalleggiata da Mofi. In breve le pareti del labirinto furono frantumate si ritrovarono nel solito corridoio.
Continuando ad avanzare trovarono una porta su un lato. La aprirono e videro cinque vecchietti che si muovevano lentissimamente, troppo lentamente. Lilli pensò che anche se erano vecchi non potevano muoversi così lentamente, dunque probabilmente era la stanza che li rendeva lenti, forse solo in apparenza, ma era meglio non rischiare entrando denltro.
Andiamo” disse Lilli.
L'avanzata lungo il corridoio era molto strana, perché con alcuni passi sembrava di fare decine di metri con altri pochi millimetri, a volte sembrava addirittura di tornare indietro.
Trovarono un'altra porta e sbirciando dentro videro cinque vecchietti che si muovevano freneticamente. “Troppo veloci” pensò Lilli, di nuovo la stanza era stregata meglio stare alla larga.
Avanti” disse Mofi. Lilli annuì e si incamminarono.
Dopo un po' dentro un'altra stanza cinque vecchietti erano come congelati. “Sono sempre gli stessi” sussurò Lilli. Li guardò sempre restando sulla soglia poi proseguirono fino ad incontrare un'altra porta di un'altra stanza dove i soliti vecchietti si muovevano finalmente normalmente, ma avevano un'espressione così triste che veniva voglia di scappare. “Andiamo” disse Giangiovanni. “Restiamo” ribatte Lilli e soggiunse rivolta a Mofi “Non ti muovere”. “Che facciamo fermi qui, entriamo” sibilò il pupazzo. “no” disse Lilli. “Volete restare fermi qui per sempre” quasi strillava Giangiovanni che stava evidentemente perdendo la pazienza. “Basta” intimò Lilli. “Mofi, pensaci tu a lui, come quella volta sul tavolo del giardino”. Mofi capì al volo, estrasse la fionda di tasca e veloce come un lampo colpì Giangiovanni in piena fronte. Il pupazzo cadde e Mofi gli saltò sopra con un piede e con la mano gli tirò la testa fino a staccarla. Si sentì un urlo tremendo e un lampo di luce li abbagliò per un attimo. Poi videro un uomo con la faccia torva che sibilò “Maledetti”. Intanto tutto intorno a loro ogni cosa era cambiata. Si trovavano dentro una specie di ampia capanna con dei paraventi sparsi qua e là e al posto dei cinque vecchietti c'erano cinque ragazzi che si stropicciavano gli occhi e si sgranchivano le articolazioni delle gambe e delle braccia sorridendo e dandosi pacche di gioia l'uno con l'altro.
Mentre ragazzi esultavano, il mago nel frattempo sembrava invecchiare ad ogni istante finché, prese le sembianze di un uccello grigio, si diede alla fuga. I ragazzi spiegarono che il mago si nutriva dell'energia dei giovani facendoli invecchiare per rimanere lui giovane per sempre.
Uscirono dalla capanna, i ragazzi montarono sulle loro biciclette che erano parcheggiate lì dietro e dopo aver ringraziato infinitamente Lilli e Mofi se ne andarono lungo il sentiero nel bosco.
Lilli e Mofi invece nella direzione opposta seguendo con lo sguardo il sentiero intravidero la radura, che subito raggiunsero. Riattraversarono di corsa il prato e tornarono al tavolo del pic nic accanto a cui i genitori proprio in quell'istante iniziavano a ridestarsi.
Era già sera e mamma e papà si stupirono molto nel vedere come fosse ormai l'imbrunire e chiesero ai figli cosa avessero fatto tutto quel tempo.
Abbiamo esplorato il bosco” risposero.
Ma non era pericoloso” chiese la mamma.
No c'era solo un uccello buffo, nero con il becco giallo, che ci svolazzava intorno, ma lo abbiamo scacciato via” risposero allegramente i bimbi.
Rqccolsero le loro cose per prepararsi a tornare a casa e appena prima di partire la madre si accorse della mancanza di Giangiovanni e chiese a Lilli dove fosse.
L’ho buttato”.
Buttato?” la madre era allibita
Sì Mofi l’aveva rotto, ma ha fatto bene, tanto non mi piaceva più, mi ero proprio stufata di lui, ormai sono grande”.
Mofi ridacchiava “Anch'io sono un po' grande adesso”.
I genitori erano sbalorditi, ma in fondo compiaciuti e divertiti delle dichiarazioni dei bimbi.
Poi salirono tutti in macchina e tornarono a casa.
E il mago? Lilli e Mofi non lo rividero mai più e neppure noi ne sappiamo nulla, ma probabilmente starà costruendo un'altra casa da qualche parte.