mercoledì 31 agosto 2011

DIARIO SEGRETO


13 sett. Dopo 6 giorni grigi di pioggia sottile il cielo s’è incupito e scrosci furiosi di pioggia flagellano con rabbia la terra già pregna, che trasuda come un giovane corpo in un infuocato amplesso estivo sotto il sole diretto e cocente dei tropici. Io come uno straccio logoro in 3 dita d’acqua non riesco più a smaltire la mia amarezza.

16 sett. Da 3 giorni ormai i temporali si rincorrono come amanti novelli. Pare infinita l’energia del cielo ed enorme l’ira di Dio contro i mortali. I fiumi fangosi divorano il salario di anni di stenti, cancellano la vita dove più rigogliosa dava i suoi frutti, lasciano una bava di melma fetida dentro cui annegano resti senza nome.

8 ott. Una nausea sottile, appena un gradino sopra la soglia della coscienza, mi prende quando devo partire. Lo stato confusionale di un risveglio antelucano sembra acuirla, nello sforzo di strappare membra e mente all’oblio notturno.
Il buio denso nasconde ancora ogni presagio del giorno e sembra promettere solo freddo e abbandono. Sono le 4 e 38. Il treno arranca nella nebbia, prende velocità mentre spettrali sagome di ferrovieri contemplano dal bordo del binario il mio viso solitario.
Chi sono questi uomini, dove vivono, come, con chi? Cosa pensano? E chi sono io, cosa penso veramente se non mi lascio distrarre dal mondo, che scorre davanti ai miei occhi in una accelerazione che comprime anche i miei pensieri?
La carrozza è vecchia e sa di stantio. So che il controllore non passerà prima della prossima fermata. Ciondolo la testa guardando fuori. La stazione è ormai scomparsa e la notte inghiotte nuovamente ogni cosa, riprende il dominio assoluto del mondo fuori di questa prigione semovente. E questa luce artificiale è un tormento maggiore.
Lotto per non dormire o forse per dormire e mi rodo pensando a questo odioso viaggio.

12 ott. P. sorride beffardo. Non mi piace il suo sorriso. Molte cose di lui non mi piacciono. A partire da come mescola continuamente lingue differenti, comprese un paio che, e lui lo sa bene, io non conosco affatto. Inoltre P. ha questo modo estremamente indiretto e sottile di indagare. Cerca di farmi parlare, di avere informazioni su di me. Credo sia per lui solo un gioco: conoscere ciò che non può, estorcere notizie a chi non deve darne ed è addestrato a non farlo. E non lo faccio e fingo di non accorgermi dei suoi tranelli verbali. E anche questo lo diverte molto, sa apprezzare l’abilità dell’avversario.
Se fossi libero non vorrei avere nulla a che fare con lui. Se fossi libero! Una leggera vertigine. Devo concludere e andarmene.
Se fossi libero!

20 ott. Sento il respiro regolare di M. sul mio viso. Mi alzo nella penombra ed esco silenziosamente dalla stanza.
M. è l’unica persona esterna al mio “lavoro” che ho conosciuto durante una “missione” a non essere svanita lasciando solo una traccia sbiadita nella memoria. C’è qualcosa di anomalo nella vita di M. Naturalmente io mi guardo bene dall’indagare. La nostra relazione si basa su questo: nessuna informazione sulla vita personale.
Eppure abbiamo infiniti argomenti di conversazione nei nostri radi incontri e comunichiamo su un piano di intimità molto profondo, ben superiore agli eventi delle nostre povere vite.
Guardo la sua sagoma attorcigliata nelle lenzuola dalla stretta prospettiva delle due architravi che ci separano. Devo scacciare il desiderio di lei, finché sono qui e la vedo, o non potrò mai farlo una volta partito. Quant’è difficile!
Distolgo lo sguardo e comincio ad armeggiare ai fornelli. M. si sveglia, mi raggiunge, il suo abbraccio profumato mi stringe delicatamente. Maledizione, come è difficile! Ma può funzionare solo così tra noi.
Perché? E’ proprio vero?

12 nov. L’aria è tersa. La città si muove sotto di me, così distante e così vicina. Amo questa sensazione e per questo amo volare. Con il bel tempo s’intende. Il brutto tempo lascia spazio solo alla destinazione e al dovere.
Il dovere! Perché non sottrarmi ad esso? Il mio ruolo mi ha estraniato alla “causa” a tal punto che non solo non ho alcuna parte nelle decisioni, ma nemmeno le conosco. Svolgo il mio ruolo come un cieco che dipinge una parete, ignaro di tutto. E mi chiedo perché lo faccio.
E’ ancora giusto tutto ciò?

30 nov. Fare shopping è un’attività interessante. Si possono capire tante cose di un posto e del mondo dalle merci esposte nei negozi.
Ancora più bello è osservare i clienti e i venditori. Che magnifico laboratorio. Le cavie passano di trappola in trappola eseguendo tutti gli esercizi previsti con variazioni infinite.
Chi sta osservando i miei esercizi? Guardare il rovescio della medaglia non è mai sbagliato, ma spesso è poco piacevole.
Anch’io sono poco piacevole, lo intuisco nello sguardo dei bambini e nello sfuggire degli sguardi degli adulti. Io li fisso, spostando il fuoco solo mezzo metro dietro di loro. Mi crederanno pazzo.
Non lo sono forse?

2 dic. L’occhio spia dalla fessura. Una striscia di viso. Migliaia di volte. Poi un giorno, una forza nuova, scosta la tenda e il viso appare nella sua interezza, ma al di là dell’occhio, della striscia conosciuta, il viso è una sfera grigia e liscia. Lo shock richiederebbe un urlo selvaggio, ma dalla gola esce solo un rantolo sordo.

24 dic. Odio ripensare al passato: un sentiero franato, che non posso più percorrere, a che mi serve ripassarne la mappa?
L’insegnamento del passato sta nelle astrazioni che se ne traggono, perché solo le astrazioni hanno utilizzo immediato. Il ricordo in sé, va rielaborato, comparato alla situazione presente e non permette perciò di stabilire una reazione in tempo utile per il momento contingente. Ciò che serve per il futuro non è il passato è il presente e l’astrazione dell’evento che si opera adesso per il domani.
Sono le astrazioni fatte nel passato che regolano il comportamento presente anche se avessi totalmente obliato gli eventi che le hanno prodotte.
Questo film è stato un vero schifo, del resto perché sono venuto a vedere un film così veloce?

4 gen. R. sta diventando troppo curiosa. Il castello di menzogne che ho costruito per dissimulare la mia “attività” potrebbe incominciare a vacillare.
Sento già il gelo della mia voce mentre le spiego che questo è il nostro incontro di addio. Il mio corpo intanto continua la sua corsa ormai irrefrenabile e lei ora sente solo il fuoco del mio corpo e non ancora il freddo della mio cuore.
Mi mancherà la sua pelle.

19 gen. Com’è andata diversamente la mia vita. Il binario sembrava quello giusto. Ora come lasciarlo?
Tutto avrebbe avuto senso se, ma quel se, in cui credevo, non si è mai realizzato, probabilmente senza che ve ne sia una ragione.
Tutto però continua ormai come se … e non ha senso.

2 feb. “Vedi” mi dice “questo è un tipico equivoco. Il fatto che io cerchi, non dico di mantenere la mia autonomia decisionale, che sarebbe, se non proprio un falso scopo, comunque sicuramente velleitario, ma che io cerchi di mantenere la mia indipendenza di giudizio, nei limiti in cui ciò è possibile, fa sì che io venga tacciato di anticonformismo, mentre in realtà io non ho nessuna difficoltà a conformarmi, purché ciò rispecchi la mia, capisci, la mia autentica volontà”.
Io annuisco, sinceramente concorde, ma al contempo in una piega non troppo remota della mia mente già elaboro una risposta ben differente. “Tutto ciò è marginale, inutili speculazioni filosofiche, la questione rilevante è invece che tu, come me, sei solo in questo bar. E il fatto che tu, diversamente da me, sia giunto qui in numerosa compagnia rende meno amara, ma anche più profonda la tua solitudine. Così ora, con l’ausilio dell’alcol, ti rivolgi ad un perfetto sconosciuto per comunicare. Mentre io, attraverso questa comunicazione truccata, continuo, come sempre, a parlare solo con me stesso”.
Dico invece banalmente: “Hai ragione, chi si oppone per principio a qualcosa ne è schiavo come chi a priori ci si conforma”.
E così proseguiamo la nostra divertente e sterile conversazione, lui si avvicina a me senza mai raggiungermi. E’ solo un dettaglio il fatto che quasi sicuramente non ci rincontreremo mai più.

14 feb. Il gelo della stanza mi incatena a me stesso, irrigidito in tutti i miei vestiti indossati in strati sovrapposti e ancora insufficienti. Per contrastare il freddo dovrei muovermi, ma non riesco a reagire sono come paralizzato. Potrei morire assiderato. E’ una morte dolce.
Ma l’idea della mia morte ormai è comunque sempre dolce.

7 mar. Ferito e sanguinante, in stato confusionale è stato portato via in barella. Tutti attorno sono storditi. Scioccati. Il morto viene chiuso nel suo sacco di plastica. Me ne vado, prima che la polizia inizi a interrogare i testimoni.
Quali imputazioni si ritroverà addosso il ragazzo che stanno portando all’ospedale. Per un gioco, un gioco!
Nella discoteca i ragazzi si lanciavano dal palco sulla folla, non solo lui. Ma lui ha continuato il gioco troppo a lungo, la folla, ormai stanca del gioco si è diradata, poche persone sono rimaste a raccogliere il tuffatore e il cozzare delle teste del tuffatore e del prenditore, lasciato troppo solo, ha messo fine al gioco, a una vita e ne sconvolgerà un’altra.
Perché do tanta importanza alla vita se la mia stessa vita mi pare priva ormai di valore?

16 apr. Una pioggerella leggera porta a terra il fumo acre e l’odore di carne bruciata. Il villaggio è devastato, alcune case sono in fiamme. Su una porta vedo un bimbo inchiodato, crocifisso. Più in là uomini agonizzanti amputati di mani, piedi, occhi e lingua. Il cadavere di una donna gravida sventrata e il feto gettato sulla strada vengono rosicchiati da alcuni cani.
Non solo i cani pasteggiano: in un troguolo si vedono ancora i resti di un cadavere divorato dai porci. Proseguo a camminare lentamente guardandomi intorno. Una donna nuda, raggomitolata, sporca di sangue e scossa da un tremito continuo, fissa nel vuoto. Passo oltre.
Finestre sfondate, pezzi di mobili bruciacchiati in strada. Nessuna pena, cammino indifferente. Poi mi rendo conto che tutto ciò dovrebbe scioccarmi. E’ uno scenario da incubo, come posso essere così freddo e indifferente? La risposta è semplice: sono come loro , come gli assassini. Urlo.
Devo sentirmi tra le vittime o impazzisco, ora che sento pietà devo smettere di guardare o impazzisco.
Mi risveglio coperto di gelido sudore. Avrò urlato veramente?

22 apr. L’auto divora veloce l’asfalto. Attorno all’autostrada a perdita d’occhio la pianura. La mancanza di confini mi dà il senso del vuoto, mi infastidisce. Mi concentro sulle cose più vicine, che scorrono veloci ai lati della strada. Case scrostate, intrichi di cespugli, montagne di residui vegetali, di rifiuti industriali, disordine ovunque. Il sole non riesce ad allietare la scena.
Questa è la dolce campagna di P., che ha ispirato poeti e pittori e ancora richiama turisti da tutto il mondo? E’ evidente che non sono un turista. Forse qui sta l’errore.

27 apr. Il vento soffia da due giorni e due notti. Logora i miei nervi tutta la notte rendendola insonne. Ma al mattino lottare contro il vento è una gioia piccola e profonda. Le sferzate dell’aria sono carezze per il mio spirito rattrappito.
Nel vento passano mulinelli di foglie, di carta, di polvere. Passano e spariscono.
Anche il vento della mia vita passa e non lascia frutti che io possa raccogliere.

24 mag. Mi piace camminare nei boschi da solo. Non è difficile ritrovarmi solo. Non è difficile trovare un bosco. Il contatto con la natura ha un effetto rasserenante su chiunque. Milioni di anni di evoluzione non si cancellano in poche generazioni. Ma il senso di pace deriva dalla familiarità ancestrale o dalla consapevolezza della propria forza?
Immagino il bosco popolato da belve reali e immaginarie, da spiriti e da forze sovrumane, attingendo alle mitologie dei popoli e alla mia personale fantasia. Così poteva essere popolato il bosco per un primitivo.
Se lascio spazio alla mia fantasia io stesso vengo preso dall’angoscia. Ogni fruscio, ogni ombra è un segnale di pericolo, nasconde una creatura misteriosa e pericolosa, pronta a ghermirmi con ferocia. Dietro ogni pianta la minaccia è in agguato.
Basta, basta! Non sono più un bambino, la fantasia e la realtà non possono confondersi così a lungo.
E’ lunga una vita umana?

12 giu. La valle è stretta, le aspre pareti rocciosi scendono a picco, interrotte da piccole balze erbose. La montagna è come un muro, enorme. Di una prigione enorme. Ma pur sempre una prigione, che mi opprime e da cui vorrei fuggire. Quanta roccia da scavare per evadere, quanta roccia dura. Cosa ci sarà nel cuore del monte. Forse un dio è nascosto nel monte e dorme.
E il mondo prosegue, abbandonato dal suo creatore addormentato, correndo come un cavallo imbizzarrito. E io non sono neppure il cavaliere, ferito trascinato dal cavallo, ma solo un finimento, una briglia ormai lacera.
Il sentiero si restringe, diventa più ripido, ecco l’arco di pietra. Tra poco troverò il mio contatto, non c’è più tempo per i giochi della mente.
La missione arriva al suo momento culminante, dormi dentro alla roccia ancor per un po’ dio del monte, dormi e non guardare da questa parte!

26 giu. M. è scomparsa. Ieri ho suonato a casa sua, senza prima controllare il nome sul campanello, e mi ha aperto uno sconosciuto. Ho chiesto di lei. Mi ha detto che non abita, lì. L’uomo mi ha spiegato che lui si è appena trasferito. Ho controllato il campanello, quando ormai non aveva più senso, il suo nome non c’era più. Ho chiesto scusa.
Ho bussato alla porta accanto. Non sanno nulla di lei. E’ scomparsa improvvisamente verso la fine di febbraio. Mi hanno dato il nome dell’amministratore del palazzo.
Ho telefonato, tramite lui ho poi parlato anche con il padrone dell’appartamento. Sanno solo che si è trasferita in un'altra città.
Non posso indagare oltre, mi farei notare. Se ne è andata per sempre.
Ho pianto in silenzio.

8 lug. Questo caldo mi assale alla gola come un verme sanguinolento e mi toglie il respiro, mi succhia l’energia, mi svuota di me stesso riducendomi ad una larva senza volontà. Non a caso il risultato finale dell’entropia sarà questo: calore. Ma prima che tutto si riduca a radiazione termica di fondo, quanto disfacimento, quanta morte dentro la vita!

18 lug. La puzza dei gas di scarico delle macchine si mescola con quello dei cassoni dei rifiuti, straripanti di immondizia e con mille altri odori chimici e umani. La gente cammina in fretta, si sfiora evitando quasi miracolosamente di scontrarsi nella confusione dei marciapiedi affollati.
Macchine e camion ruggiscono e d’improvviso esplodono in laceranti urla di clacson. Il formicaio umano si muove spasmodicamente, privo di una coscienza unitaria.
Anche le mie gambe partecipano dell’agitazione collettiva e portano rapidamente il mio corpo a serpeggiare tra i corpi, senza partecipazione della mia volontà.
E’ ora di rientrare, dove sarò?

28 lug. Oggi sono rimasto tutto il giorno chiuso in questa camera, eccezion fatta per i 4 metri di corridoio che la separano dal bagno e per il bagno stesso. Ho mangiato un panino semi rinsecchito con il salame che iniziava a irrancidire e un paio di sandwitch uno alla salsa di pollo e uno ai funghi e formaggio.
Per lo più sono rimasto sdraiato sul letto a guardare e riguardare ossessivamente le pareti spoglie della stanza, la plafoniera giallastra il piccolo armadio impiallacciato. Chiudendo gli occhi a sera potevo ripercorre nella mia mente ogni centimetro senza perdere neppure un dettaglio: ogni graffio ogni bitorzolo dell'intonaco, ogni nodo ogni scrostatura … e fuori dalla finestra ogni ciuffo d'erba tra le fughe dei piastrelloni di cemento nello squallido cortiletto ingombro di cassette di legno vuote e imbevute d'acqua … i tetti  neri…
Quando mi sono accorto di quanto totale fosse la mia volontaria prigionia giacché neppure chiudendo gli occhi riuscivo ad abbandonare la mia cella ho deciso di evadere.
Mi sono inerpicato … nuotato … corso … contemplato cupole.
Alla fine riaprendo gli occhi mi sono sentito a casa.

29 lug. Un po’ di musica è quel che ci vuole.
Nella musica la mia mente si perde, dimentica di tutto, diventa puro suono tra i suoni. Spazio vuoto attraversato da onde di melodie e fili di ritmo.
Ma dalla pace all’alienazione il passo è breve. Quando mi ridesto sprofondo ancora nei miei pensieri di fronte ai quali la magia della musica diventa uno sfondo amorfo se non un disturbo.
Silenzio! Potessi comandare il silenzio alla mia anima!

4 ago. ore 2:45 a.m. Ora ne sono certo, la causa è sbagliata. Non so ancora se lo sia diventata o se lo sia sempre stata. Dovrò rifletterci. Avrò tempo di farlo. Se avrò tempo!
Non è più imprudente scriverlo, poiché già domani mattina sparirò per sempre. Tutto mi è ormai indifferente, anche la vita. Salverò con questa decisione, con questa diserzione, almeno la mia anima?
Se dovessero trovarmi per me sarebbe la fine. E per quale arcano sortilegio mi sono cacciato in questo buco, dove non ho alcuna via di fuga?
Rumori sulle scale …

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