Sfuma il cielo
con mille tonalità
dal rosso al blu
intarsiato dalle creste
nere
e frastagliate,
più sotto
le luci discrete
della città splendente
e nella cupa distesa
confusa
di cespugli, prati
e alberi
le anse argentine
del Piave
come miraggi arcani.
Afferrata
quasi per errore
la bellezza semplice
e sublime
la mente esplode
in un urlo paradossale.
Eppure non mi fermo
a vivere, ad assorbire
l’incanto,
non rallento
ma prigioniero
di un tempo sincopato
corro a rifugiarmi
nell’inerzia sterile
delle consuetudini serali
a preoccuparmi di ciò
che non posso mutare
a ragionare su Dio
che non posso capire.
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