domenica 5 agosto 2012

IL PASTORE DI NUVOLE


Il pastore di nuvole aveva dei grossi scarponi sempre ben ingrassati, calzoni e giacca di pelle e un cappellaccio impermeabile. Questi vestiti infatti sono i più adatti per chi vive sempre sotto il brutto tempo.
Il pastore di nuvole camminava sotto una coltre fitta di nubi battendo ritmicamente un grosso tamburo che portava a tracolla. Le nuvole seguivano quel suono e così il pastore riusciva a portarle dove voleva.
Quando voleva far piovere il pastore prendeva un secondo tamburo un po’ più piccolo, che teneva appeso sulla schiena, e suonava dei ritmi che solo lui conosceva. Le nuvole obbedivano riversando, più o meno, la quantità che il pastore chiedeva loro.
Come aiutanti il pastore aveva quattro falchetti, che volavano sopra le nubi e avvertivano il loro padrone se qualche indisciplinata stesse separandosi dalla coltre.
Il pastore conosceva anche dei ritmi particolari per calmare le nuvole imbizzarrite che scaricavano invece della pioggia la grandine
Il pastore sapeva bene quando la pioggia serviva alle campagne o per riempire gli abbeveratoi e i pozzi ed era sempre ben accolto nei posti in cui si recava con il suo strano gregge.
Il pastore non era avido, ma solo un po’ goloso, così si accontentava di poco come compenso per il suo lavoro, ma non disdegnava i lauti banchetti di festeggiamento che gli venivano offerti.
Non poteva però fermarsi molti giorni in uno stesso posto, perché le nuvole devono essere tenute sempre in movimento. Devono passare sopra il mare e i laghi per riempirsi di umidità e passare veloci sopra la terra per restituire l’acqua senza causare alluvioni, perché per stare bene hanno bisogno di liberarsi spesso dell’acqua.
Girando così velocemente da un posto all’altro, i pastori di nuvole faticavano a trovare moglie anche perché poi vivere con un pastore di nubi significa veder il sole solo di lontano e questo difficilmente può piacere a un donna.
Il nostro era così l’ultimo pastore di nuvole ed incominciava ormai ad essere avanti negli anni. Decise perciò di sacrificare una parte del suo gregge andando a cercare moglie nel deserto. Lì infatti poteva lasciare fermo il suo gregge ad arrabbiarsi e consumarsi con tempeste di acqua e di grandine senza causare guai.
Il pastore si fermò vicino ad un’oasi ed affidato il gregge di nubi ai falchetti andò a cercare moglie.
Il capo dell’oasi, vedendo che il pastore era in grado di portare la pioggia e la tempesta, lo accolse con gioia e gli promise subito in sposa la figlia.
“Con calma - disse il pastore - dobbiamo prima conoscerci e vedere se ci piacciamo, poi tua figlia deve essere disposta a passare da questo paese pieno di sole ad una vita sotto le nuvole.”
Ma il capo, che era una persona ambiziosa e violenta svelò il suo piano al pastore: voleva trattenere le nuvole lì per sempre per irrigare il deserto e per combattere le altre tribù con la forza della tempesta. Il pastore spiegò che ciò non era possibile, perché se le nuvole non possono correre per il cielo, si ammalano e muoiono.
Il capo dell’oasi allora disse che lui stesso avrebbe accompagnato il pastore e il suo gregge fino al mare tutte le volte che ciò era necessario, ma poi sarebbero tornati lì nella sua oasi. Il pastore rispose: “va bene andiamo è ora di partire”.
Il capo dell’oasi scelse i suoi uomini più fedeli e valorosi per fare da guardia al pastore e partirono con lui.
Quando fu notte il pastore fece scendere alcune nuvole fino a terra e nella nebbia si sottrasse alla vista delle sue guardie, poi con il suo tamburo e l’aiuto dei falchetti, mandò una tempesta verso est. Mentre lui silenziosamente con il resto del gregge fuggì velocemente verso ovest.
Le guardie e il loro capo malvagio, confusi dalla nebbia e assordati dal rumore della tempesta partirono all’inseguimento di questa.
Così il pastore riuscì a fuggire e abbandonò l’idea di prendere moglie e fu perciò l’ultimo pastori di nubi.
Per questo da quel giorno le nuvole sono tornate tutte selvatiche e corrono libere per il cielo lasciando cadere pioggia, grandine e neve a loro piacimento e senza troppa considerazione per i desideri degli uomini e degli animali.

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