Nella notte dei tempi i guerrieri del castello di Nodor uscirono per una grande guerra in terre lontane lasciando il castello incustodito. Il castello infatti possedeva una porta incantata, che si apriva pronunciando una formula magica e poi si richiudeva senza lasciare traccia di sé, cosicché il castello pareva del tutto senza porte. Le mura del castello erano perfettamente lisce, altissime e talmente dure da non poter essere scalfite nemmeno dal diamante né erano intaccate dal fuoco.
I guerrieri di Nodor combatterono con molti altri eserciti una grandissima battaglia contro le forze del male, che furono sconfitte, ma prima di soccombere annientarono interi eserciti di valorosi combattenti delle schiere del bene. Anche i guerrieri di Nodor offrirono le loro vite e nessuno di loro fece ritorno a casa.
Il castello restò così abbandonato e inaccessibile.
Molto tempo dopo una tribù di pastori giunse nella valle, piantò le tende all’ombra del castello e condusse le bestie nei verdi pascoli della valle.
Si stupirono molto di quello strano e altissimo castello senza porta e dalle mura altissime e durissime e naturalmente non poterono entrarvi e un po’ alla volta si abituarono alla sua presenza, come fosse una roccia qualsiasi.
Solo un ragazzo di nome Rod guardava sempre con interesse il castello meditando di potervi entrare. Infatti Rod aveva trovato un grosso pulcino che pigolava tra le rocce. Dopo aver atteso invano il ritorno della madre, il ragazzo si era preso cura del pulcino allevandolo.
Il pulcino era cresciuto ed era diventato una grande e forte aquila, che era poi ritornata a fare il nido tra le rocce più alte, ma era rimasta amica del ragazzo.
Spesso l’aquila andava a trovare Rod portandogli in dono anche qualche coniglio, qualche topo e qualche serpente appena catturato. Rod sognava così di poter volare con l’aquila fino al castello, ma da un lato aveva paura, dall’altro l’aquila non sembrava molto disposta a fare da cavallo volante.
La vita trascorreva tranquilla, quando un giorno giunse la notizia di un crudele esercito che stava avanzando saccheggiando e devastando tutte le terre in cui passava e sarebbe certamente arrivato fino a Nodor.
I pastori riflettevano già se abbandonare la valle per fuggire verso terre ignote, sempre però con il timore di essere raggiunti dai nemici.
Rod allora prese il coraggio tra le mani, spiegò all’aquila il grande pericolo per la sua gente e la convinse a portarlo sulla schiena, così in volo, cavalcando l’aquila, entrò nel castello.
Il cuore gli batteva forte quando l’aquila lo depose in cima alle mura. Guardando in giù vedeva tutta la valle e le persone e le bestie sembravano piccole formiche che giravano qua e là.
Dopo aver fatto il giro delle mura Rod iniziò a esplorare il castello. Attraverso scale di marmo e d’oro entrò nelle torri e nei palazzi scoprendo grandi sale coperte di arazzi e con i soffitti affrescati, mobili intarsiati e porta lampade tempestati di gemme, stanze piene di armi scintillanti o di scaffali con mille pergamene e cucine piene di ogni stoviglia e camere con letti di legno e materassi di piuma d’oca e ancora nelle cantine orci e giare, che contenevano cibi e bevande ancora ben conservati. Nei cortili interni vi erano stalle e pozzi con acqua pura.
Infine nella mura trovò una grande incavatura, un atrio che dava su una porta. “Evviva” pensò Rod “dunque esiste una porta da cui fare entrare la mia gente con le nostre bestie e ripararsi dai nemici”. Ma non vi era nessuna serratura, nessuna leva, nessun meccanismo per aprire la porta. Ispezionò tutto il muro, ma trovò solo una piccola targa con delle scritte in una lingua sconosciuta.
“Questa deve essere la chiave” pensò Rod e presa la targa tornò sulle mura. L’aquila che volteggiava sopra il castello vide i segnali del ragazzo e scese a prenderlo e lo riportò all’accampamento.
Gli anziani si riunirono, ascoltarono Rod e analizzarono la targa. Decisero che solo i monaci della valle dei templi potevano conoscere il segreto di quella scrittura misteriosa. Ma ahimè, la valle dei templi era distante molti mesi di cammino e non era possibile raggiungerla e tornare prima dell’arrivo degli invasori.
Rod chiese allora di nuovo aiuto all’aquila che radunò le aquile più forti e veloci e sfrecciarono nel cielo portando a turno sulla schiena Rod con la sua preziosa targa.
Giunsero così alla valle dei templi, mostrarono la targa e furono condotti dal più dotto dei monaci, che consultando alcune antiche pergamene riuscì a decifrare le scritte. E la scritta spiegava proprio la parola da usare per aprire la porta.
Subito le aquile e il ragazzo tornarono a Nodor e mentre già i guerrieri galoppavano verso gli atterriti pastori, Rod fece aprire la porta e uomini e bestiame si rifugiarono nel castello, mentre gli invasori sbatterono le teste contro la porta che s’era appena richiusa.
Invano strinsero l’assedio alla fortezza e subirono molte perdite perché dall’alto i pastori con gli archi le frecce e le catapulte trovate nel castello li bersagliavano. Così gli invasori sconfitti si ritirarono e non tornarono mai più nella valle di Nodor.
I pastori stabilirono la loro casa nel castello e donarono le antiche pergamene e molti altri oggetti di valore ai monaci della valle dei templi per ringraziarli del loro aiuto. Alle aquile fu concesso di fare i loro nidi sulle torri del castello e aquile e pastori rimasero per sempre amici e alleati, anche se né Rod né nessun altro cavalcò mai più un aquila.
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