E questo fu il modo in cui il Signore della Vita portò la vita nel mondo.
La Volontà impastò alcuni elementi con l’acqua e con l’aria e ne ottenne una sostanza flessibile e resistente. Il nome di questa sostanza gli è stato dato dalla Volontà e solo da Lei è conosciuto, da noi non è conosciuto e perciò noi chiamiamo questa sostanza legno.
Il legno era una buona sostanza e il Signore della Vita vi soffiò dentro il fuoco. Quando ebbe dal fuoco l’energia il legno prese vita ed emise radici per bere e con esse si ancorò al terreno. Ed emise rami per scaldarsi al sole e foglie per respirare. Così fu l’origine degli alberi.
Gli alberi crescevano secondo il ciclo delle acque. Il sole a quei tempi splendeva continuamente, non vi era infatti la notte, ma solo il giorno.
Ma il vento che spingeva le nubi nel cielo soffiava talora troppo forte per i rami più teneri e per le foglie e li strappava dagli alberi. Il fuoco della vita in essi era però molto forte e giunti al suolo attecchivano, ponevano radici e crescevano. Dai rami e dalle foglie cadute ebbero così origine cespugli ed erbe. Dalle foglie cadute nei fiumi, nei laghi e nell’oceano ebbero invece origine le alghe e i coralli.
E in breve la terra fu coperta da una foresta inestricabile e caotica e le piante cominciarono ad adombrarsi e soffocarsi fra loro e a morire per la mancanza di luce, di sole e di acqua. E le piante morte giacevano al suolo e la pioggia le fece marcire e il terreno che era ancora inerte fu fertilizzato.
Dal terreno fertile le piante acquisirono nuove energie e con esse si ammantarono di fiori. Così la morte entrò nel mondo e fu subito al servizio della vita.
Il Signore della Vita vide tutta questa turbolente vitalità, se ne compiacque e le diede ordine. Diede infatti a ciascuna pianta uno spirito che la guidasse nella crescita e così le piante presero a mutare i fiori in frutti e a produrre in essi i semi per moltiplicarsi nel tempo opportuno, sotto la guida del proprio spirito.
Lo spirito non ha sostanza, ma essenza e la sua essenza è sentimento. Ciascuno spirito ha un nome, il suo nome è conosciuto dalla Volontà.
E a ciascuno spirito fu dato un tempo stabilito per operare. Passato il tempo ciascuna pianta abbandonata dallo spirito moriva.
Lo spirito però non moriva, ma tornava dalla Creatrice. Tale è infatti la natura degli spiriti.
E la foresta si diradò in savane e praterie e la bellezza del mondo aumentò per la varietà delle piante dei fiori e dei frutti e dei paesaggi sulle montagne e sulle pianure, lungo i fiumi i laghi e le rive dell’oceano.
Quando ebbe stabilito l’ordine della sostanza vegetale, la Volontà creò l’ultima sostanza e uscì da essa. Il nome di tale sostanza è nel pensiero del Signore della Vita, il nome con cui noi la chiamiamo è: carne.
E secondo il Suo disegno con la carne la Volontà plasmò gli uccelli. Nè plasmò di varie forme e dimensioni e colori e assegnò loro degli spiriti vivaci e dei luoghi in cui vivere: nella foresta, sulle rocce, nei prati e nelle palude, sulle rive degli oceani.
E gli spiriti manifestarono la loro gioia per avere avuto in sorte un corpo da uccello, capace di volare nel cielo, emettendo alte grida e versi e canti, ciascuno secondo la propria natura.
Gli uccelli fecero i loro nidi e cercarono cibo tra le piante. Ma la loro natura era turbolenta e si accesero liti tra di loro e i più grandi e forti presero a divorare i più piccoli. Ma anche tra i più piccoli vi era continua discordia e passione senza scopo.
Ferendosi nelle liti gli uccelli persero piume e penne e pezzi di carne. In tali frammenti però forte erano il desiderio e la vitalità: nacquero così gli insetti, i serpenti e i piccoli roditori.
La Volontà, vedendo che non vi era pace tra gli uccelli, per la loro natura esuberante, divise ogni uccello in due e suscitò desiderio reciproco nei loro spiriti. Così gli uccelli divisi in maschi e femmine si accoppiarono e trovarono quiete. E la Volontà diede loro il potere di riprodursi, donando nuovi spiriti alle nuove creature generate nell’accoppiamento. E gli uccelli così ebbero nuovo impegno nella cura dei piccoli.
Gli uccelli erano però molto stanchi, perché troppe occupazioni gravavano su di loro: i voli, i canti, la ricerca del cibo, l’accoppiamento e la cura dei piccoli. Allora il Signore della Vita stabilì un ciclo per il sole e creò la notte perché gli uccelli potessero riposarvi.
Gli uccelli piccoli ebbero però paura della notte, perché il chiarore delle stelle non consentiva loro di vedere i rapaci che venivano a cacciarli. Perciò la Volontà pose la luna nel cielo per rischiarare alcune notti, per favorire così secondo il ciclo della luna ora i cacciatori ora le prede. E con il favore delle tenebre gli alberi emisero dalle radice dei nuovi frutti: così nacquero i funghi.
Tutti quegli uccelli erano molto differenti e superiori agli uccelli che noi conosciamo, che pure sono i discendenti di quei primi uccelli. Ma gli uccelli di quell’epoca erano molto più forti e veloci e resistenti, più ricchi di colori e di disegni e piume bellissime. Non vi sono nomi che noi conosciamo per quegli uccelli, poiché nessun uomo ha mai visto tali uccelli.
Solo di un uccello è rimasta memoria del nome. Quest’uccello era il più forte e bello fra tutti gli uccelli. Proprio per questo il suo spirito si inorgoglì e prese ad amare smodatamente quel corpo e a considerarlo sopra ogni cosa.
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