domenica 13 novembre 2011

CONDANNA ETERNA


Mentre guardava il volto del figlio la madre ripensò a quella notte di 18 anni prima in cui l’aveva visto bagnato e urlante affrontare la vita.
La vita a cui lei lo aveva portato, quella stessa vita che ora l’aveva abbandonato.
Ripensò al momento in cui si era resa conto di essere incinta, alla sorpresa e alla gioia profonda. Era giovane appena sposata, non aveva ancora percepito in modo chiaro la sua vocazione di madre, ma in quel momento l’aveva scoperta con una forza enorme e inaspettata.
Ripercorse quei nove mesi, appena disturbati da qualche nausea, dall’impaccio nei movimenti e dagli altri piccoli classici disagi, ma illuminati dalla speranza, dalla gioia di sentire una creatura viva dentro di sé. Ricordò con piacere anche l’affetto del marito, che le carezzava il ventre delicatamente e la copriva di mille attenzioni, ancor più di quanto già prima non facesse.
Il bimbo era poi nato sano ed era cresciuto, regalando innumerevoli soddisfazioni ai genitori. Nonostante le notti insonni, le ansie per le malattie e tutte le classiche preoccupazioni che danno i bimbi, la madre avrebbe rivissuto volentieri tutto questo. Ma se tutto era andato bene, fino al momento del parto, proprio come lei si era immaginata, il distacco della placenta aveva cambiato il corso degli eventi: emorragia, intervento di urgenza, preclusione totale e definitiva ad altre gravidanze. Questo aveva probabilmente acuito il legame della madre con quel suo primo e, per forza di cose, unico figlio.
Poi era giunto il secondo colpo del destino. Il figlio aveva 11 anni, e frequentava da pochi mesi la prima media. La madre lavorava come ragioniera in un grosso studio medico. Avevano una bella bifamiliare in periferia. Tutto insomma andava per il meglio. Anche il marito era soddisfatto della sua famiglia, del suo lavoro, della sua vita.
Guidava con prudenza, come suo solito, tornando dal lavoro, un po’ più tardi per via di quella noiosa riunione. Nell’altra corsia l’autista del furgone non ebbe tempo di reagire alla fitta di dolore che gli bruciò nel petto. Così finì per spegnere il dolore, insieme alla sua vita, contro la vita del marito in un terribile scontro frontale.
Il colpo fu durissimo. La madre cercò di farsi forza per il bene del figlio.
Questi da parte sua iniziò ad essere aggressivo con i compagni e indisciplinato con gli insegnanti, come non era mai stato prima. Da principio tutti cercarono di essere comprensivi dato il difficile momento del ragazzo.
Fino a quella sera in cui la madre fu chiamata in questura, dove suo figlio veniva interrogato insieme ad altri ragazzini della sua età, o poco più grandi, in merito ad alcuni vandalismi che da qualche tempo si ripetevano nel quartiere.
Il figlio la passò liscia in quell’occasione, ma fu chiaro a tutti che il ragazzo stava prendendo una brutta piega e frequentava compagnie poco edificanti.
A nulla servì passare alle maniere forti, il figlio ormai era divenuto quello che si definisce un ragazzo difficile. A scuola riusciva ad avere un profitto sufficiente, grazie alla sua vivace intelligenza e non certo all’impegno profuso.
All’ultimo anno delle superiori il figlio si era messo insieme ad una ragazzina molto carina, ma ancor più irrequieta.
Veniva da una famiglia completamente dissestata: il padre era fuggito e aveva tagliato ogni rapporto, un fratello maggiore era in carcere, un altro era eroinomane in trattamento, i fratelli e le sorelle più piccole era seguiti da un assistente sociale.
L’assistente sociale, diversamente da ciò che purtroppo sovente accade, cercava di migliorare la situazione nella casa per non separare i piccoli da quel resto di famiglia, che in qualche modo riusciva ancora a tirare avanti.
Un giorno la madre si ritrovò la ragazzina, appena maggiorenne, in casa e visto che l’eroica madre di lei si dichiarò favorevole alla cosa, accettò di tenersela in casa, anzi le assegnò una camera, cosa che però non servì a non farla dormire nel letto del figlio, come la madre aveva sperato.
La madre sapeva che accettare l’incomoda situazione era l’unico modo per non perdere i contatti con il figlio e poterlo così almeno un po’ controllare e aiutare.
Dopo alcuni mesi la madre incominciò ad avere dei sospetti e in breve scoprì che l’eroina era ormai padrona dei due ragazzi.
Si infuriò parlò con medici e operatori di comunità terapeutiche, ma nonostante tutto tenne i ragazzi in casa, in attesa di trovare un posto in cui mandarli per la disintossicazione. Cosa che peraltro i ragazzi rifiutarono categoricamente.
Erano passate solo un paio di settimane e quella sera rientrando a casa aveva trovato la porta aperta, era corsa dentro e aveva trovato il figlio riverso in una pozza di sangue e la sua ragazza distesa per terra poco più in là coperta di lividi.
Mentre la madre teneva la testa del figlio morto ripensando a tutte queste cose, sentiva la sua stessa vita sfiorire, perdere di senso.
Dovette invece riprendere subito il coraggio in mano per assistere la ragazza, rimasto ormai sola.
Lei era stata picchiata selvaggiamente, ma si sarebbe ripresa nel giro di qualche mese, giusto in tempo per raccontare alla sua nuova madre tutta la storia prima di morire di overdose.
Per procurarsi i soldi per la droga aveva deciso di prostituirsi e il figlio aveva assunto il ruolo di protettore.
E questo aveva fatto: aveva protetto la sua donna, quando il protettore che controllava il viale su cui la ragazza si era appostata, l’aveva aggredita.
Aveva colpito duro con la catena di ferro e il protettore era rimasto morto là sull’asfalto.
I ragazzi erano subito fuggiti. Purtroppo per loro quello non era un qualsiasi lestofante, era il figlio del boss della zona.
Rapide ricerche nel mondo dei tossici e i sicari del boss aveva raggiunto il ragazzo e l’avevano giustiziato.
Mentre la madre piangeva di nuovo su un cadavere, questa volta quella della ragazzina, cui s’era suo malgrado affezionata, giunse la visita di Lucifero.
Il Diavolo si presentò senza tanti preamboli e le mostrò il figlio che bruciava nell’inferno:
se vuoi può salvarlo, perché io godo dell’ingiustizia. Se dunque tu che sei una persona retta mi darai la tua anima in cambio io libererò la sua, che si era ben meritato l’inferno.
La madre non dovette pensare a lungo per trovare una risposta al problema prospettatogli dal demonio.
Lei amava il figlio più di se stessa e non poteva esserci per lei gioia nell’aldilà sapendo che il figlio era nei supplizi eterni, viceversa il pensiero della salvezza del figlio poteva essere un conforto anche nei tormenti dell’inferno. Così la madre accettò il patto diabolico.
La sera stessa Satana, le portò un abito adatto e l’accompagnò ad un club. Cenarono insieme. Poi il Diavolo le presentò il proprietario del locale, il boss che aveva sentenziato la morte del figlio, e dopo aver parlottato con lui se ne andò.
La madre era decisamente una bella donna e nonostante i grandi dispiaceri degli ultimi mesi dimostrava ancora qualche anno in meno.
La madre fu accompagnata dal boss in una camera e qui vendette il suo corpo prima a lui, poi in rapida successione a diversi altri uomini.
Quando lasciò il club con il compenso della nottata era decisa a non mettere mai più piedi lì dentro, umiliata, spossata e dolorante come era nel corpo e ancor più nello spirito.
Il Diavolo però l’attendeva fuori dal locale, la riaccompagnò a casa, le ricordò il patto e le diede appuntamento per la sera dopo. La madre restò quasi un’ora sotto la doccia, poi crollò sul letto e dormì un sonno pieno di incubi angoscianti. Quando la sveglia suonò il mattino dopo scoppiò in lacrime. Telefonò all’ambulatorio e si diede malata.
Dopo un paio di notti di lavoro al club, notti che la madre sopportò solo pensando ai tormenti del figlio nell’inferno, tormenti cui lei stessa doveva abituarsi e quello era un magnifico viatico, dopo queste due notti il boss le annunciò che i clienti del club gradivano vedere ragazze sempre nuove e la affidò a un protettore perché la portasse sulla strada.
Questi, un uomo enorme e orribile, la fece montare in macchina e si abbassò i pantaloni.
Se non sai come si fa ti spiego io - la canzonò poiché esitava.
Avanti - le sussurrò all’orecchio Satana, impedendole di fuggire.
Trattenendo i conati di vomito la madre fece quello che le era richiesto. Quindi fu costretta a portare il protettore a casa sua. Il protettore pretese una copia della chiavi di casa quindi le spiegò le tariffe e la portò sulla strada.
Io sono l’unico che può aiutarti qui fuori, ma attenta se ti metti contro di me nessuno potrà aiutarti – la minacciò prima di eclissarsi.
In strada faceva freddo, le macchine rallentavano, occhi avidi si posavano su di lei e poi, per lo più, con suo grande sollievo proseguivano. Alcune colleghe vicine attiravano i clienti , mostrando le parti intime e promettendo prestazioni di tutti i generi. Quella notte ebbe quattro clienti.
La mattina dopo, la madre andò a licenziarsi. Negli occhi di tutti i suoi ex colleghi un misto di pena, curiosità e di orrore, perché era evidente che qualcosa di terribile le stava accadendo.
Il Diavolo che invisibile e silenzioso seguiva la donna tenne tutti immobili e nessuno osò pronunciare parola, né avvicinarsi alla madre.
La madre piangeva tutto il giorno, tormentata dalla voce del Maligno che le ripeteva anche durante il sonno: la tua anima è mia. Poi la sera andava al suo nuovo lavoro, che la disgustava ogni volta come la precedente.
Una sera un cliente chiese un servizio che nessuno ancora le aveva chiesto e lei rifiutò.
Lì vicino però c’era una della favorite del protettore, che sentì tutto. Così la sera dopo il protettore si appartò con lei e dopo averla picchiata per bene la obbligò, con molta brutalità, a ciò che il cliente della sera prima le aveva richiesto. Quindi prima di riportarla sulla strada, la informò che quella notte tutto il ricavato lo avrebbe trattenuto lui, come risarcimento e ammenda per la sera prima. Ma le cose dovevano andare diversamente.
Il primo cliente che si fermò era molto nervoso.
Sali - le disse. 100 mila - cominciò lei.
Sì, sì, sali adesso - la interruppe lui. Lei salì.
Lui si inoltrò con la macchina nelle stradine che portavano nel fitto della boscaglia. Fermò la macchina.
Spogliati - le disse.
Lei obbedì. Quando fu completamente nuda, l’uomo le chiese di scendere dalla macchina.
Lei lo fece e lui la seguì. Lei stava in piedi, nuda, guardando nel vuoto, dietro al corpo dell’uomo che le stava di fronte.
Girati - fu il nuovo ordine del cliente.
Rabbrividendo un attimo per il freddo si girò rassegnata a subire qualsiasi cosa volesse farle.
Non si aspettava però di sentire il lampo di dolore che le travolse la mente nell’istante in cui la lama del coltello le squarciava il collo. La bocca le si riempì di sangue, gli occhi si offuscarono e intravide il ghigno feroce e rabbioso del demonio davanti a sé mentre chiudeva per l’ultima volta gli occhi.
Un attimo dopo si sentì meglio.
L’aria era profumata e vi era come una soffusa melodia.
Aprì gli occhi: tutt’intorno vi era luce.
Poi vide il figlio e la sua ragazza.
Ciao mamma.
Ciao.
La madre non riuscì a rispondere ai saluti, si commosse, abbracciò il figlio e accarezzò anche lei.
Stavano bene, sorridevano.
La madre lanciò uno sguardo interrogativo al figlio.
Sì, mamma questo è il paradiso.
La madre sorrise e interrogò ancora silenziosamente il figlio.
Non esiste l’inferno, mamma. Il demonio ha potere solo sulla terra, ma poi tutte le anime arrivano qui, perché Dio ci ama.
Una lacrima di felicità solcò il volto della madre. Poi il pensiero tornò per un istante sulle sue pene recenti:
Perché allora, se Dio ci ama, ha dato la Terra in potere a Satana?.
Vieni e capirai– la prese per mano e lo stesso fece la ragazza.
Un istante dopo la madre vide il volto di Dio e capì e gioì e gioì e gioì ...

7 commenti:

  1. Zio, ho pensato ti fossi ispirato a I ragazzi dello zoo di Berlino nelle descrizioni delle vicende.. L'hai reso molto bene comunque!
    Silvia

    RispondiElimina
  2. Ci sono anche altri film sia sulla prostituzione sia sulla droga che hanno lasciato qualche traccie nella mia memoria, ma non so davvero dire quanto abbiano pesato nel momento oormai lontano in cui ho scritto questo racconto. Certo Bahnhofzoo è un grande film ed anche la colonna sonora è di tutto rispetto. Accostamento lunsighiero dunque

    RispondiElimina
  3. la tua escatologia è alquanto variegata: un po' di racconti fa parlavi di Krishna e ades te se rivà sui cristiani, 'l è tut an misiòt

    RispondiElimina
  4. Mescolate non direi: sono ipotesi alternative tenute rigidamente separate senza alcun cedimento al sincretismo o peggio al new-age. Poi non è che le mie convinzione siano sempre in primo piano nei miei racconti, a volte la storia stessa impone di accettare qualcosa in cui l'autore stesso non crede. Comunque tranquillo, non è finita qui: l'escatologia si amplierà ancora!

    RispondiElimina
  5. Matteo, ma sei proprio sicuro che l'escatologia qui sia cristiana? In quale confessione l'inferno è tutto sulla terra e nell'al di là c'è solo il paradiso?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. c'era qualcuno che diceva che in realtà l'inferno è l'assenza di Dio

      Elimina
    2. Qualcuno diceva anche che la creazione è avvenuta per il ritirarsi di Dio e qualcun altro diceva che in Dio noi viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. E ancora mi viene in mente: già e non ancora. C'è di che perdersi! Ma io volevo farti arrivare all'apocatastasi e tu hai glissato abilmente, sfuggendo così alla condanna del II Concilio di Costantinopoli: un politico di razza sa sempre come muoversi!

      Elimina