domenica 4 dicembre 2011

IL GRANDE OCCHIO


Un mattino di tanti anni fa comparve nel cielo un grande occhio.
Il primo ad accorgersene fu il panettiere, che si prese un bello spavento, quando, come era solito fare, tra un’infornata e l’altra, guardò dalla finestrella della sua bottega per controllare il cielo e capire che tempo avrebbe fatto quel giorno e invece del cielo vide quell’enorme occhio che lo fissava. Poi coraggiosamente si sporse dalla finestra e vide che l’occhio se ne stava lassù, in alto nel cielo.
Subito dopo lo videro i mungitori uscendo dalle stalle dopo aver munto, abbeverato, foraggiato le vacche e dopo aver ripulito le stalle, lo vide poi il postino che inforcava la sua bicicletta per il giro della posta e l’oste che apriva la sua fumosa locanda per i primi caffè.
Le lavandaie e i garzoni, i bambini che andavano a scuola o all’asilo, ben presto tutta la valle se ne stava sbigottita con il naso per aria a fissare quell’enorme occhio che guardava giù in basso.
Poi pian piano gli abitanti della valle cominciarono a guardarsi tra loro e a domandarsi cosa significasse quell’occhio, perché fosse comparso così all’improvviso, cosa guardasse e se presagisse fortune o sciagure.
E i pareri e le reazione della gente si moltiplicarono velocemente. Così dalla chiesa cominciarono ad uscire processioni di supplicanti che annunciavano che l’occhio di Dio era puntato su di loro a causa dei loro peccati ed era necessario convertirsi e agire rettamente per evitare il castigo divino. Ma dall’altra porta della chiesa uscivano altre processioni che ringraziavano Dio per aver volto il proprio occhio sulla valle in segno di benevolenza e annunciavano la fine di ogni male e la necessità di lodare Dio per tale privilegio.
Gruppi di persone pensando che l’occhio fosse giunto a spiarli da un lontano pianeta per conto di un popolo di extraterrestri pronti ad invadere la terra cominciarono ad armarsi e ad esercitarsi nel combattimento e a sfilare in minacciose parate per intimorire l’occhio e gli invasori spaziali, ma altri invece organizzavano feste di benvenuto ai visitatori delle stelle che pensavano sarebbe scesi in amicizia portando un enorme progresso se l’occhio avesse riportato loro le intenzioni pacifiche dei terrestri.
I filosofi costruirono dotte teorie ontologiche, gnoseologiche ed epistemologiche sull’occhio, mentre gli scienziati analizzavano ogni cosa per verificare eventuali influssi dell’occhio sul clima, sulle piante, sugli animali e sulle persone e i più arditi provarono con specchi e fumi a infastidire l’occhio per vederne le reazioni, ma senza ottenere alcun risultato.
Alcuni si chiesero se l’occhio apparisse solo nella loro valle o anche altrove e andarono a verificare, scoprendo che solo nella loro valle l’occhio era visibile. Così pensarono di sfruttare l’occhio per fini turistici e pensavano già di ribattezzare la valle: “Valle del grande occhio”. Ma quando andarono nelle altri valli ad invitare la gente ad andare ad ammirare il grande occhio nel cielo, tutti li presero per pazzi o per dei truffatori e anche chi mostrò di credere all’esistenza dell’occhio nel cielo, accampò motivi di affari o di salute e se ne restò a casa propria.
Alcuni anche nella valle rifiutavano l’esistenza dell’occhio e dicevano: “E’ solo un miraggio”.
Le mamme cominciarono a dire ai bambini: “Stai attento a fare il bravo, perché l’occhio ti vede” e la gente dava la colpa o il merito all’occhio di ogni cosa insolita o anche no che accadeva: “Grazie all’occhio il raccolto è stato buono” o “Che tempaccio ci mandi maledetto occhio”.
Tutto questo fermento però pian piano si spense, tutti si abituarono all’occhio e incominciarono a guardarlo di rado, distrattamente. Lo guardavano meno ancora delle nuvole, perché, pur essendo diventato normale come quelle, però a differenza delle nubi non cambiava mai e tutte le cose nella valle procedevano come al solito.
Passarono gli anni e una bimbetta, nata già dopo l’apparizione del grande occhio, ne restò affascinata. Lo guardava spesso e gli parlottava strizzandogli l’occhio, finché l’occhio iniziò a rispondergli con delle enormi strizzate, ma solo quando nessun altro lo guardava.
La bimba crebbe, divenne una bellissima ragazza che civettava con l’occhio sbattendo veloce le palpebre e quello rispondeva roteando la pupilla e facendo l’occhiolino.
Un giorno la ragazza conobbe un viaggiatore, se ne innamorò e partì con lui verso paesi lontani. L’occhio seguì la ragazza sparendo per sempre dalla valle.
La gente si accorse che l’occhio era sparito, ma nessuno vi fece molto caso. “Com’è venuto se n’è andato”, “Non ci ha portato nulla né di buono né di male e nulla né di buono né di male ci lascerà andandosene” si dissero. Così come nessuno aveva mai capito perché era venuto, nessuno capì mai perché se ne fosse andato.

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