Se potessimo inserire in qualche pianta il gene che codifica la teriaca, sarebbe un ottimo OGM. Viceversa se inserissimo un gene per codificare una tossina letale per l’uomo in tutte le piante coltivate, per poi lucrare sulla vendita dell’antidoto, sarebbe indubbiamente un OGM molto negativo. L’OGM oggi più utilizzatao al mondo è la soia Roundup-ready che permette di distribuire quantità industriali dell’erbicida glifosato, desertificando i campi, e facendo crescere la soia senza competitori vegetali. Purtroppo il glifosato è anche uno dei fattori cruciali che minano la sopravvivenza delle api, pronubi fondamentali in natura e in agricoltura. Questo OGM è sicuramente negativo anche perché agevola un sistema di latifondo che, direttamente con la coltivazione della soia, e indirettamente con l’allevamento bovino che assorbe gran parte di quella soia, sta distruggendo la
foresta pluviale amazzonica condannando a morte le popolazioni autoctone e tutta l’inestimabile biodiversità di quei territori, ma certo arricchisce i fazenderos e sostiene la bilancia dei pagamenti brasiliana.
Tutt’altro caso quello del cavolo cappuccio in cui è stato inserito il gene batterico che codifica la tossina Bt che uccide le larve della cavolaia, permettendo di non trattare più le colture con fitofarmaci chimici. Tutto bene, sembrerebbe! In realtà gli agricoltori biologici già da anni utilizzano il Bacillus thuringensis, che produce la tossina, irrorando i cavoli direttamente con il batterio. Una volta morte le larve, e salvati i cavoli, i batteri si estinguono per mancanza di cibo. Nel caso dell’OGM invece l’effetto sarebbe permanente. I cavoli e in generale tutte le Brassicacee hanno come centro di origine l’Europa e
dunque ne esistono molte varietà selvatiche che possono ibridarsi con quelle coltivate. Così delle piante selvatiche potrebbero acquisire questo gene e guadagnare un vantaggio enorme sui competitori vegetali minando l’equilibrio naturale e le cavolaie stesse potrebbero estinguersi creando un altro punto di rottura dell’equilibrio naturale. Sappiamo che rompere un equilibrio naturale può portare alla distruzione e scomparsa di interi ecosistemi. Va considerato inoltre che se l’OGM dovesse avere successo il B. thuringensis potrebbe andare fuori mercato rendendo difficile per gli agricoltori coltivare tutte le varietà non modificate geneticamente, che saranno obbligatoriamente poche (la progressiva riduzione dei cataloghi sementieri è un cataclisma che bisognerebbe far conoscere all’opinione pubblica), portando così ad un grosso rischio di perdita di biodiversità
coltivata. Infine è chiaro che, una volta diventate monopoliste della semente di cavolo, le grandi multinazionali che producono e gestiscono gli OGM potrebbero regolare i prezzi a loro piacimento.
Anche i ‘’nuovi OGM’’ ottenuti con tecniche quali le CRISPR, che grazie alla loro precisione risolvono il problema delle modificazioni incontrollate del genoma, non cambiano i problemi ambientali, nutrizionali (per la riduzione della biodiversità) e politico-economici (a partire dalla sovranità alimentare) che derivano dall’utilizzo delle piante modificate.
Concludo questa piccola riflessione dicendo che, se mangiare un prodotto derivato da piante modificate non mi creerebbe nessun problema, non vorrei mai poter mettere in tavola solo prodotti di tale tipologia anche perché la storia di
Creutzfeld-Jacob/BSE/prioni, con tutto quello che già sapevamo di scrapie e Kuru, qualche margine di apprensione per la completezza delle nostre attuali conoscenze scientifiche in campo medico e alimentare lo lascia.
Non sono contrario agli OGM per principio, anzi, si vada avanti con la ricerca, ma vorrei degli OGM realmente utili per l'ambiente, gli agricoltori e i consumatori e non solo per le multinazionali agro-alimentari e le società e gli gli enti di ricerca, come quelli visti fino ad oggi. Per la sperimentazione in campo la prudenza Europea mi pare opportuna, conosciamo troppo poco degli ecosistemi per rischiare di stravolgerli senza volerlo.
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