venerdì 29 marzo 2024

FOOD FOR PROFIT

 Dopo aver visto e apprezzato il documentario di Giulia Innocenzi “Food for profit” al cinema Italia di Belluno e sentito i commenti della giornalista presente in sala, ci sono alcune considerazioni che sento di dover fare.

Le norme per il benessere degli animali esistono in Europa (e il film le cita più volte mostrando come siano inapplicate). Nemmeno i lavoratori nel settore carne vengono tutelati, ma sappiamo bene come la mancanza di controlli è un problema enorme, basta pensare agli incidenti sul lavoro. Anche nel campo degli allevamenti animali e del loro benessere le strade da perseguire sono 2: più controlli e più formazione per arrivare ad una coscienza, in questo caso eco-animalista, che renda i controlli utili come consulenza e non come repressione.

Cruciale è la definizione di allevamento intensivo. Dovremmo arrivare ad avere per ogni specie animale dei parametri precisi che definiscano un allevamento intensivo, che dovrà riconvertirsi o chiudere in tempi anche brevi, un allevamento semi-intensivo  che dovrà riconvertirsi con tempi idonei e uno non intensivo che dovrà necessariamente diventare o essere  biologico ed etico.

Le aziende biologiche, anche nel settore vegetale,  dovrebbero essere esentate dal pagamento dei controlli che dovrebbero essere invece finanziati dalle aziende non biologiche, tassate perché inquinano, pagando così le esternalità negative, mentre le aziende biologiche dovrebbero essere remunerate per compensare le esternalità positive prodotte..

Fatico a immaginare come possano esserci grandi aziende biologiche,  solo le  piccole aziende, labour-intensive e inserite in contesti con una integrità naturale  sono veramente in grado di tutelare il territorio e la salute dei consumatori.

Se anche qualcuno puntasse al veganesimo come soluzione finale, cosa di cui si può e si deve discutere, come non considerare che già un’azienda avicola biologica che oggi deve garantire spazio all’aperto verde alle sue galline migliora di molto la loro qualità di vita? Quindi la de-intensivizzazione e la biologizzazione dell’agricoltura sono obiettivi immediati.

Ma il progressivo aumento della quota biologica della produzione agricola  è anche un obiettivo di Bruxelles, purtroppo non ancora di Roma o di Venezia.

Al contempo la revisione dei consumi alimentari, riducendo quelli di carne che danneggiano non solo l’ambiente, ma anche la salute dei consumatori deve procedere e gli enti pubblici dovrebbero essere molto chiari nel dare indicazioni in tal senso e non avvallare gli interessi della filiera della carne. E anche le filiere alternative alghe, meduse, insetti vanno incentivate. La carne coltivata è un’altra possibilità estremamente interessante che è del tutto miope e inutile voler bloccare.

Infine il problema della sovrappopolazione: si risolve da solo se distribuiamo meglio la ricchezza nel mondo giacché sono i poveri ad essere prolifici, mentre per chi è troppo ricco il problema diventa la denatalità.


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